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Statale o paritaria: non fronti opposti, ma due pilastri della scuola pubblica

La scuola italiana deve essere libera, accessibile a tutti, a parità di condizione economica e di latitudine, da Bolzano a Palermo, da Aosta a Bari. Libera dall’ideologia, dagli sprechi, dal potere dei partiti, dei sindacati, delle varie associazioni. Studenti, docenti e genitori: a loro e solo a loro occorre pensare quando si parla di scuola. Questo anelito alla libertà della scuola sorge, ancora una volta, a seguito della pubblicazione del Rapporto Invalsi 2023 che conferma, ancora una volta, il divario tra i risultati raggiunti dagli studenti che vivono nel Nord e quelli raggiunti dagli studenti che vivono al Sud: in sintesi, il Rapporto Invalsi 2023 conferma, ancora una volta, la spaccatura della scuola italiana. I risultati degli studenti milanesi sono di gran lunga diversi, cioè migliori, da quelli dei loro coetanei di Bari. Questa è la triste realtà. I contenuti del Rapporto non rappresentano certamente una sorpresa, per nessuno: si tratta di dati ampiamente previsti e prevedibili. Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto! Giustamente il Ministro dell’Istruzione e del Merito, prof. Giuseppe Valditara, ha affermato che una simile spaccatura è inaccettabile e per questo ha promosso, annunciandolo al Convegno che si è svolto a Bari a fine maggio, l’Agenda Sud, un piano di rilancio della scuola del nostro meridione. Un intervento certamente importante e che ci auguriamo raggiunga gli obiettivi prefissati.

A monte, però, è necessario ribadire quanto andiamo affermando da tempo, da quasi vent’anni, ormai, ossia che, fino a quando non sarà garantito, nei fatti, un reale pluralismo educativo, non sarà possibile colmare il divario tra i risultati raggiunti dagli studenti italiani. Infatti, le regioni con i migliori risultati sono quelle in cui negli anni sono state promosse politiche volte a supportare la libertà di scelta educativa. Davvero apprezzabile ed efficace è il modello lombardo che, ormai da anni, ha previsto l’introduzione della Dote Scuola. Nelle regioni meridionali, dove non sono previste misure di sostegno alla libertà educativa dei genitori, soprattutto a seguito della pandemia (ma la situazione era critica già da tempo), il pluralismo educativo si è notevolmente ridotto (più prosaicamente: le scuole pubbliche paritarie hanno cessato la loro attività) fino a raggiungere la preoccupante percentuale del 4-6%. Se anche le scuole pubbliche paritarie che ancora resistono dovessero chiudere, si arriverà ad una situazione di reale monopolio educativo con un aumento esponenziale del tasso di deprivazione culturale. E’ inevitabile che ciò avvenga, se non si interviene per tempo. Ancora: certamente importante è la promozione di quello che viene chiamato turismo educativo, un turismo che consenta di conoscere il nostro patrimonio culturale e ponga le condizioni per uno scambio tra gli studenti dei diversi territori. Eppure, anche il turismo educativo necessita di preparazione e di formazione che devono essere fornite agli studenti previamente.

Pertanto le scuole devono funzionare, la proposta educativa deve esserci in una condizione di reale possibilità di scelta tra la scuola pubblica statale e la scuola pubblica paritaria.  Oggi, in Italia, può scegliere chi ha i mezzi per pagare la retta. Chi non può si accontenta della scuola statale. Ma accontentarsi è l’esatto opposto dell’essere liberi. La posta in gioco è garantire ciò che è scontato in tutti i paesi europei, laicissima Francia compresa: gli studenti francesi non hanno il crocifisso in classe ma i loro genitori possono scegliere liberamente tra una scuola statale e una scuola paritaria. E’ chiaro che occorre evitare di cadere nella trappola della divisione e della discordia: la scuola statale e la scuola paritaria non sono due fronti avversi, sono due pilastri della scuola pubblica. Perché, ricordiamolo, pubblico è ciò che è a servizio del popolo, dei cittadini. E chi intende che la sola scuola pubblica è quella statale si sbaglia enormemente, facendo divenire la scuola instrumentum regni, strumento di asservimento.

Invece la nostra Costituzione afferma l’esatto opposto: la scuola è libera e i meritevoli devono accedere a tutti i percorsi scolastici. Questo è il merito, così come è inteso dal Ministro Valditara: merito vuol dire dare a tutti la possibilità di realizzare le proprie attitudini, le proprie aspirazioni. Rovesciamo, allora, la scuola così come era intesa dalla riforma Gentile: una grande riforma, certamente, ma che vedeva la scuola come una piramide, il liceo classico alla vetta, la scuola professionale alla base. Tutta la scuola, tutti i percorsi di studio devono, invece, stare in vetta, perché lo studente è al centro. Come la nostra Costituzione, secondo l’analisi del grande Giorgio La Pira, pone al centro la persona e non lo Stato, allo stesso modo la scuola deve porre al centro la persona dello studente, del docente del genitore. In questa ottica le logiche divisive non possono avere spazio. Ed ecco la ragione di alcune importanti misure, come l’apertura alle scuole paritarie dei fondi del PNRR e l’aumento della quota da destinare al sostegno anche degli allievi disabili che frequentano le scuole paritarie. Mi auguro che l’allarme lanciato dal Rapporto Invalsi non cada nel vuoto ma diventi l’occasione per una riforma radicale del sistema scolastico italiano, una riforma che dia ai genitori la libertà di scegliere la scuola per i loro figli, ai docenti la possibilità di scegliere la scuola presso la quale prestare servizio, a parità di stipendio, agli studenti la possibilità di apprendere ed essere formati nella libertà.

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