Il Borgo Ragazzi Don Bosco in collaborazione con Grande Impero, storica azienda di Roma che produce pane, da tre anni ha avviato un corso di formazione che ha come scopo l’integrazione e l’avviamento della professione relativa alla panificazione artigianale. Il progetto è rivolto a ragazzi prossimi alla maggiore età e tra loro ci sono immigrati, minori non accompagnati e giovani con difficoltà sociali. Il corso è strutturato in 40 ore in cui ai ragazzi vengono insegnati i segreti della panificazione artigianale e vengono spiegate le norme relative al mondo del lavoro.
Lo scopo dell’associazione
Il Borgo Ragazzi Don Bosco da 75 anni lavora al servizio di giovani e famiglie, con particolare attenzione a coloro che vivono situazioni di disagio. Operatori, volontari e Salesiani lavorano in sinergia con le istituzioni e con la comunità territoriale per offrire un futuro migliore ai ragazzi più svantaggiati.
L’intervista
Interris.is ha intervistato Inmaculada Garcia, responsabile dello sportello lavoro del centro accoglienza minori di Borgo Ragazzi Don Bosco che ha spiegato come è strutturato il percorso formativo di panificazione artigianale.
Inmaculada, chi sono questi ragazzi?
“Il gruppo è composto da 10 ragazzi per lo più stranieri non accompagnati, quasi maggiorenni. Quasi sempre ci vengono segnalati dal dipartimento di giustizia minorile, dagli assistenti sociali, dalle scuole, dalle case famiglie, dal comune di Roma, oppure da un semplice passaparola. Sono ragazzi con delle fragilità e vulnerabilità e per esempio nel caso di quelli che abitano in una casa famiglia una volta diventati maggiorenni finirebbero in mezzo a una strada. Noi cerchiamo di dare loro un’alternativa valida e gettare le basi per costruire un futuro migliore”.
Come si compone il corso?
“Le ore si suddividono tra laboratorio, lavoro diretto con esercitazioni pratiche e visita degli stabilimenti di Grande Impero. Al termine del corso i ragazzi avranno appreso tutte le nozioni necessarie sulla conoscenza dei materiali e sulle norme igieniche e lavorative. Questo step li renderà capaci di mettersi alla prova in prima persona con la produzione del pane casareccio, pane all’olio, pizza, dolci ed altri prodotti da forno”.
C’è una parte teorica?
“Grande Impero mette a disposizione un formatore per imparare a fare il pane, noi invece li seguiamo con un educatore che diventa un intermediario tra i ragazzi e l’azienda in quanto molto spesso c’è anche lo scoglio della lingua italiana. I partecipanti al corso studiano le leggi in materia di lavoro, i tipi di contratto e vengono preparati ad affrontare le difficoltà che potrebbero avere sul posto lavoro. Inoltre, vengono spiegate e insegnate alcune regole come quelle dell’igiene, della puntualità e del rispetto che si deve avere nei confronti dei colleghi, delle aziende e del luogo in cui si lavora. Si tratta dunque di una formazione a 360 gradi che viene certificata con un esame teorico e pratico finale”.
Cosa accade una volta finita l’esperienza?
“Alcuni di loro vengono assunti con un contratto regolare al Grande Impero, altri invece capiscono che non è la loro strada e noi li aiutiamo a scrivere un proprio curriculum da presentare ad altre realtà lavorative e a preparare il momento del colloquio. Con questo progetto cerchiamo di tirare fuori delle risorse a volte nascoste e insegnamo come usarle. Questi ragazzi arrivano da un passato difficile e per loro è motivo di soddisfazione vedere che c’è qualcuno che crede e ripone in loro così tanta fiducia da dargli la possibilità di lavorare”.
Per i ragazzi questo percorso rappresenta un riscatto sociale?
“Le loro sono storie difficili e in salita, ma grazie a questa opportunità possono iniziare un nuovo capitolo della loro vita. Ci sono dei ragazzi che vedono in questo l’opportunità per poter continuare a studiare, per cui grazie al primo contratto con Grande Impero si iscrivono all’università per realizzare un loro sogno. Trovare un lavoro significa poter rimanere in Italia legalmente, poter avere un posto dove dormire e poter aiutare i propri familiari rimasti magari nella terra di origine. Sono storie di speranza, ma queste esperienze forti ci fanno capire che tutti possono e devono credere in un futuro migliore”.