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AIFA: “Ok al farmaco per la sindrome emolitico-uremica atipica, malattia rara”

La sindrome emolitico-uremica atipica è una malattia rara che colpisce circa 600 pazienti in Italia. È causata dall'attivazione cronica e incontrollata del sistema del complemento, una componente del sistema immunitario

Un nuovo trattamento per la sindrome emolitico-uremica atipica, una malattia rara potenzialmente letale. L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità del farmaco ‘ravulizumab’.

AIFA: “Ok al farmaco per la sindrome emolitico-uremica atipica”

Il medicinale potrà essere usato nei pazienti adulti e nei bambini, indipendentemente dal fatto di aver ricevuto in precedenza trattamenti analoghi. La sindrome emolitico-uremica atipica è una malattia rara che colpisce circa 600 pazienti in Italia. È causata dall’attivazione cronica e incontrollata del sistema del complemento, una componente del sistema immunitario.

“Questa anomalia porta ad uno stato di infiammazione cronica che danneggia le pareti dei vasi sanguigni. Il primo organo ad essere danneggiato, di solito, è il rene ma i danni possono estendersi a cuore, polmoni, cervello e sistema gastro-intestinale”, spiega Gaetano La Manna, ordinario di Nefrologia all’Università di Bologna. Circa la metà dei pazienti ha bisogno di dialisi, soffre di danno renale permanente o va incontro a decesso entro il primo anno dalla diagnosi. Il trattamento punta a spegnere il sistema del complemento agendo su una proteina denominata C5. Fino a oggi questo veniva fatto con il farmaco ‘eculizumab’.

“Ora, grazie a ravulizumab, la cura compie un ulteriore passo in avanti. La terapia non solo modifica radicalmente la storia naturale della malattia ma migliora sensibilmente la qualità di vita dei malati e dei loro famigliari”, prosegue La Manna. Negli studi clinici che hanno potato all’approvazione, il 61% dei pazienti ha avuto una risposta completa nei primi 12 mesi. Il farmaco “nella popolazione pediatrica ha raggiunto il tasso di risposta completa del 94,4% e il 100% dei pazienti ha interrotto la dialisi”, aggiunge Giuseppe Castellano, associato di Nefrologia all’Università degli Studi di Milano.

Fonte: Ansa

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