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Festa della Liberazione: come l’Italia si rimise in viaggio con dignità e coraggio

Fu Alcide De Gasperi ad istituire nel 1946 la festività del 25 aprile. Lo statista democristiano, Presidente del Consiglio dei ministri del governo provvisorio, ultimo del Regno d’Italia, volle proclamare festa della Nazione, il giorno della Liberazione dal nazifascismo, avvenuta nel 1945. Su proposta di De Gasperi, il principe Umberto II, in quel tempo luogotenente del Regno d’Italia, emanò un decreto legislativo luogotenenziale intitolato “Disposizioni in materia di ricorrenze festive” che stabiliva “a celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”. Qualche anno più tardi, il 27 maggio 1949, la legge n. 260 istituzionalizzava definitivamente la data del 25 aprile come Anniversario della Liberazione dell’Italia. Fu scelta come data simbolo quella dell’inizio della ritirata da parte delle truppe della Germania nazista e dei fascisti della Repubblica di Salò. Come ha ricordato da recente il Presidente Mattarella, in nome dell’Italia che aveva combattuto per ritornare libera, il Presidente del Consiglio “si presentò a testa alta” alla Conferenza di Parigi. Il 10 agosto del 1946 De Gasperi pronunciò un illuminato discorso che portò al Trattato di Pace fra l’Italia e le Potenze alleate, firmato il 10 febbraio 1947.

“Prendendo la parola in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia: e soprattutto la mia qualifica di ex nemico, che mi fa considerare come imputato e l’essere citato qui dopo che i più influenti di voi hanno già formulato le loro conclusioni in una lunga e famosa elaborazione. Non corro io il rischio di apparire come uno spirito angusto e perturbatore, che si fa portavoce di egoismi nazionali e di interessi unilaterali? Signori, è vero: ho il dovere innanzi alla coscienza del mio Paese e per difendere la vitalità del mio popolo di parlare come italiano; ma sento la responsabilità e il diritto di parlare come democratico antifascista, come rappresentante della nuova Repubblica che, armonizzando in sé le aspirazioni umanitarie di Giuseppe Mazzini, le concezioni universaliste del Cristianesimo e le speranze internazionaliste dei lavoratori, è tutta rivolta verso quella pace duratura e ricostruttiva che voi cercate e verso quella cooperazione tra i popoli che avete il compito di stabilire. Ebbene permettete che vi dica con franchezza che un alto senso di responsabilità impone in quest’ora storica, a ciascuno di noi, questo trattato è, nei confronti dell’Italia, estremamente duro; ma se esso, tuttavia, fosse ameno uno strumento ricostruttivo di cooperazione internazionale, il sacrificio nostro avrebbe un compenso”.

Compenso costituito dall’ingresso dell’Italia nell’Onu con l’obiettivo di bandire dalle relazioni internazionali l’uso della forza in base al principio della sovrana eguaglianza tra tutti i membri, in cui le Nazioni sono accomunate dall’impegno a garantire vicendevolmente “l’integrità territoriale e l’indipendenza politica”. L’Italia – concluse il leader democristiano – avrebbe subito delle sanzioni per il suo passato fascista, ma messa una pietra tombale sul passato, tutti si ritroverebbero eguali nello spirito della nuova collaborazione internazionale”. Così De Gasperi, attraverso la ricorrenza della Liberazione, riuscì a separare definitivamente il destino della nuova Italia da quello del regime sconfitto in guerra. Grazie all’opera sapiente dello statista democristiano l’Italia si rimise in viaggio, con dignità e coraggio, sui grandi binari della democrazia, in sintonia con le altre società liberaldemocratiche.

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