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Cancrini (OPBG): “Come distinguere un’allergia da una immunodeficienza primitiva su base genetica”

Interris.it ha intervistato la dottoressa Caterina Cancrini - responsabile dell’Unità Clinica e di Ricerca delle Immunodeficienze Primitive dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma - su una nuova importante scoperta medica

Si presenta come una grave forma di allergia, ma si tratta di una nuova immunodeficienza primitiva su base genetica.

La scoperta è stata effettuata da un Consorzio multicentrico di ricercatori internazionali coordinato dal British Columbia Children’s Hospital di Vancouver (Canada), di cui fa parte per l’Italia l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (OPBG). Il Consorzio è nato dall’esigenza di condividere pazienti con caratteristiche cliniche simili, associate allo stesso difetto genetico. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Experimental Medicine.

Ad oggi sono noti circa 20 casi in tutto il mondo. La nuova malattia rientra quindi tra quelle ultra-rare. L’individuazione della malattia e delle sue specifiche cause genetiche ha già consentito di adottare con successo nuove strategie terapeutiche per il trattamento.

L’intervista alla dottoressa Cancrini

Interris.it ha intervistato la dottoressa Caterina Cancrini responsabile dell’Unità Clinica e di Ricerca delle Immunodeficienze Primitive afferente all’Unità Operativa Complessa di Immunologia Clinica e Vaccinologia dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma.

Su quanti pazienti è stato condotto lo studio effettuato dal Consorzio?

“Lo studio multicentrico internazionale è stato condotto in 16 bambini/giovani adulti con un comune quadro clinico caratterizzato da grave allergia, infezioni ricorrenti, dermatite atopica e asma”.

Cosa si intende per “grave allergia”?

“Nel caso di questi pazienti, oltre ad avere l’asma e la dermatite atopica, hanno dei veri e propri shock anafilattici. Delle reazioni allergiche immediate fortissime specie in seguito all’ingerimento di determinati alimenti. Sono dunque soggetti costretti a seguire diete molto strette”.

Quando parla di “infezioni ricorrenti”, a quale tipo si riferisce?

“Infezioni soprattutto di tipo respiratorio. Ma anche da candida. Sono dunque infezioni non gravissime di per sé, ma ricorrenti. E che, senza trattamento, tendono a tornare in modo molto più frequente del normale”.

Cosa ha prodotto lo studio?

“Lo studio internazionale ha permesso di identificare mutazioni nel gene STAT6, che svolge un ruolo cruciale nel differenziamento di un tipo di cellule del sistema immunitario, i linfociti T, coinvolti principalmente nella risposta allergica. Nonostante i sintomi principali possano mimare una condizione di grave allergia, l’alterazione del funzionamento di questo gene comporta alterazioni della regolazione del sistema immunitario (immuno-disregolazione). A volte, i bambini che presentano quadri allergici potrebbero essere affetti da Errore Congenito dell’Immunità su base genetica”.

Questa patologia passa da genitore a figlio?

“Non sempre; ci sono anche mutazioni de novo. Molte mutazioni, infatti, sono trasmesse dai genitori, ma molte altre volte la mutazione si trova soltanto nei figli. Quando si fanno le analisi genetiche, si scopre se è stata trasmessa dai genitori – o da uno dei due genitori – o da nessuno. Indipendentemente dal risultato, le mutazioni sono sempre leggermente differenti anche se il gene affetto è lo stesso. Perciò genitori e figli possono avere caratteristiche cliniche molto simili, ma forme di gravità diversa”.

Nonostante la patologia sia rara, ora che è stata riconosciuta verranno fuori altri casi?

“Di per sé questa patologia così grave è molto rara. Dopo questo studio, tutti i pazienti gravi con le manifestazioni tipiche verranno controllati, dunque è probabile che si scopriranno nuovi pazienti. Attraverso ulteriori studi si vedrà di più perché si cercherà di più, ma sono comunque pochi casi. Ma al contempo ci sono alterazioni di questi meccanismi meno gravi che si possono associare a delle differenze nei geni che però non sono delle vere e proprie mutazioni. Studiare e capire i casi più gravi ci aiuta quindi a comprendere anche quelli meno gravi. Lo studio è importante perché per questi pazienti con una situazione grave e rara, c’è ora una terapia”.

Quali sono le strategie terapeutiche per il trattamento?

“L’identificazione delle cause genetiche responsabili di determinati quadri clinici consente una diagnosi precoce che è fondamentale per una presa in carico tempestiva del paziente riducendo drasticamente l’utilizzo di farmaci cortisonici che causano importanti effetti collaterali nel tempo. Grazie alla comprensione del meccanismo alla base di questa condizione finora sconosciuta, è stato possibile infatti considerare trattamenti alternativi nei pazienti con manifestazioni allergiche gravi, come il Dupilumab, un anticorpo monoclonale che blocca il recettore della citochina IL-4, che risulta aumentata in questi pazienti, già utilizzato con successo nei pazienti con dermatite atopica. Inoltre la comprensione del meccanismo alla base dei fenomeni di immuno-disregolazione apre la possibilità di utilizzare terapie personalizzate per i pazienti con forme gravi di allergia”.

Come fa un genitore a comprendere che il figlio non è affetto da allergia ma da immunodeficienza?

“I genitori, se sono preoccupati, è perché capiscono che c’è qualcosa che non va. Dovrebbero quindi rivolgersi al proprio medico. E’ lui che deve fare la diagnosi vedendo che c’è qualcosa che non quadra rispetto alle comuni manifestazioni allergiche. Il medico deve dunque usare quell’intuito clinico che gli fa capire che quel paziente è diverso dagli altri con quei sintomi allergici. Ad esempio, quando con la terapia standard non risolve il problema. Quando i sintomi sono ad esordio precoce – anche nei primi mesi di vita – e sono molto gravi, è giusto sospettare una condizione congenita e spesso genetica. E rivolgersi ad un centro specialistico. Come il Bambino Gesù di Roma”.

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