Oggi si celebra la Giornata Mondiale Malattie Rare, o Rare Disease Day 2023. Nel mondo, 300 milioni di persone vivono con una malattia rara. Molti di loro restano senza una diagnosi e senza una cura efficace per tutta la vita.
Si definiscono malattie rare “tutte le condizioni che colpiscono i bambini con una frequenza non superiore a 1 ogni 2000 nati. Si potrebbe dunque pensare che ci siano pochi casi. In realtà, le tipologie di malattie rare sono migliaia e nel loro insieme questi pazienti sono tantissimi”. Così a Interris.it il dottor Andrea Bartuli, Responsabile dell’Unità Operativa Complessa Malattie Rare e Genetica Medica Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma (OPBG).
La sindrome di Kabuki
Proprio l’ospedale della Santa Sede, nelle scorse ore ha annunciato l’apertura di un percorso dedicato alla sindrome di Kabuki, una malattia estremamente rara di origine genetica associata a ritardo nello sviluppo intellettivo, difficoltà nell’alimentazione con crescita pondero-staturale stentata, malformazioni congenite e caratteristiche facciali tipiche. L’incidenza è di 1 nuovo nato ogni 32.000, ma è probabilmente sottostimata.
L’Ospedale Pediatrico di Roma è da anni all’avanguardia nello studio di questa malattia rara apportando una serie di contributi originali: la delineazione del quadro clinico nel neonato, le cardiopatie associate, il profilo neurocomportamentale, la descrizione di malattie simili alla sindrome di Kabuki. E, non ultimo, la fondamentale scoperta di uno dei due geni-malattia.
“Questo è stato possibile anche grazie alla centralità che l’ospedale della Santa Sede ricopre nella rete internazionale e regionale di istituti di eccellenza sullo studio di malattie rare”, evidenzia Bartuli.
Bartuli: “Reti fondamentali per una diagnosi rapida e per nuove terapie mirate”
“L’Ospedale partecipa a 20 Reti europee (ERN) ed è il riferimento per 23 Centri della rete regionale del Lazio per le malattie rare. Nei nostri centri, seguiamo circa 25 mila pazienti, di cui il 40% è sotto i 15 anni”.
“Le European Reference Networks sono reti europee di centri clinici di eccellenza con l’obiettivo di ottimizzare le cure per le malattie rare e favorire la presa in carico dei pazienti consentendo loro di accedere ai migliori trattamenti e alle sperimentazioni terapeutiche condivise su base europea. Ad oggi vi partecipano oltre 300 ospedali in 26 nazioni del Continente. Il Bambino Gesù è il primo centro pediatrico europeo per numero di affiliazioni alle Ern, essendo stato accreditato a 20 delle 24 ad oggi istituite”.
“Le reti internazionali e quelle regionali sono fondamentali per garantire ai pazienti e alle loro famiglie una diagnosi rapida, una presa in carico centrata sulle necessità del singolo paziente e l’attivazione di linee di ricerca per individuare nuove terapie dedicate. Questo è possibile – aggiunge – mettendo a sistema la casistica, spesso molto limitata per la singola malattia rara, e le conoscenze dei maggiori centri specializzati sia sul territorio nazionale che in Europa”.
Inoltre, viene incontro anche al problema dei cosiddetti farmaci orfani. In Italia sono circa due milioni i pazienti con una malattia rara. Di questi, circa un milione e mezzo sono in età pediatrica.
“Queste condizioni hanno alcune cure sintomatiche e poche cure finalizzate alla guarigione”, spiega Bartuli. “Infatti, in Europa una malattia è considerata rara se colpisce meno di 1 abitante su 2000. Pertanto, i farmaci per la cura di queste patologie in condizioni normali di mercato non sarebbero commercializzati in quanto poco remunerativi”.
“Ma mettendo a sistema la casistica tra più centri internazionali, c’è la possibilità di trovare più pazienti con la stessa malattia rara, o similare. E questo rende più ‘appetibile’ lo studio di un nuovo farmaco da parte delle case farmaceutiche. Mandando al contempo avanti la ricerca, che è fondamentale sia per dare una diagnosi certa, sia per formulare nuove terapie mirate alle singole necessità”.
“Questa Giornata serve infine anche ad accendere un faro sulle famiglie con un bambino con una malattia rara: famiglie che hanno un enorme bisogno di un sostegno. Non solo economico. E che non possono essere lasciate sole”.