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La mafia: mentalità malata che si sconfigge con l’onestà

L’arresto del capo della mafia Matteo Messina Denaro è una grande vittoria dello Stato e del bene, ma la mafia è una “mentalità malata” che si sconfigge con l’onestà, la preghiera, la cultura, la bellezza, l’annuncio del bene, la denuncia del male e l’impegno quotidiano per Dio e per gli altri. La mafia non è sconfitta! Il “profeta” generale Carlo Albero Della Chiesa diceva: “Certe cose non si fanno per coraggio, si fanno solo per guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri figli…. Chiunque pensasse di combattere la Mafia nel ‘pascolo’ palermitano e non nel resto d’Italia non farebbe che perdere tempo”. Quanta “mafia” c’è nella politica, nella società e nella chiesa? Il giudice eroe, ammazzato crudelmente, Giovanni Falcone diceva:La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.”

Tutti si devono impegnare contro la mafia a tutti i livelli e in tutti i settori. Bisogna fare, come dice il Capitano Ultimo, eroe umile e silenzioso dello Stato che ha arrestato Totò Riina, “una pratica del dono nel quotidiano”. E’ urgente educare i giovani e non solo alla legalità, all’onestà, alla sincerità, alla cultura della vita e dell’amicizia. La mafia uccide, prima nel cuore, i paurosi, gli ignoranti, i mediocri, gli smarriti, i viziosi, i disonesti. Paolo Borsellino, altro eroe della guerra contro la mafia, diceva: “La lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.” Combattiamo ogni giorno la mafia creando bellezza, parlando bene degli altri e non sparlando sporcando il mondo. Combattiamo ogni giorno la mafia con il coraggio della fede, con la luce della speranza e con la forza della carità. Combattiamo ogni giorno la mafia evangelizzando con la vita e con le parole, denunciando il male e “praticando il dono” non cercando i primi posti, ma gli ultimi riservati ai poveri e ai servi del Signore. Concludo alcuni pensieri di luce del sacerdote santo, martire della criminalità, Don Pino Puglisi:

Ho fatto del mio meglio.

“Bisogna cercare di seguire la nostra vocazione, il nostro progetto d’amore. Ma non possiamo mai considerarci seduti al capolinea, già arrivati. Si riparte ogni volta. Dobbiamo avere umiltà, coscienza di avere accolto l’invito del Signore, camminare, poi presentare quanto è stato costruito per poter dire: sì, ho fatto del mio meglio”.

Come le tessere di un mosaico.

“Pensiamo a quel ritratto di Gesù raffigurato nel Duomo di Monreale. Ciascuno di noi è come una tessera di questo grande mosaico. Quindi tutti quanti dobbiamo capire qual’é il nostro posto e aiutare gli altri a capire qual è il proprio, perché si formi l’unico volto del Cristo”.

Le parole e i fatti.

“E’ importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa, che è poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per soldi. Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste. Tutte queste iniziative hanno valore ma, se ci si ferma a questo livello, sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti”.

Se ognuno fa qualcosa.

“Le nostre iniziative e quelle dei volontari devono essere un segno. Non è qualcosa che può trasformare Brancaccio. Questa è un’illusione che non possiamo permetterci. E’ soltanto un segno per fornire altri modelli, soprattutto ai giovani. Lo facciamo per poter dire: dato che non c’è niente, noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualche cosa. E se ognuno fa qualche cosa, allora si può fare molto…”.

La testimonianza che diventa martirio.

“Il discepolo di Cristo è un testimone. La testimonianza cristiana va incontro a difficoltà, può diventare martirio. Il passo è breve, anzi è proprio il martirio che dà valore alla testimonianza. Ricordate San Paolo: “Desidero ardentemente persino morire per essere con Cristo”. Ecco, questo desiderio diventa desiderio di comunione che trascende persino la vita”.

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