Nel lontano 2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato la classificazione internazionale del funzionamento della salute e disabilità, meglio conosciuta come I.C.F. L’obiettivo dell’ICF era ed è quello di fornire un modello di riferimento linguistico universale con l’obiettivo di rendere possibile la comunicazione in tutto il mondo per affrontare i problemi relativi alla salute, all’assistenza sanitaria e all’inclusione delle persone con fragilità. In particolare, secondo le indicazioni la disabilità è intesa come la conseguenza o il risultato di una relazione tra condizione di salute di una persona, i fattori personali e i fattori ambientali che rappresentano gli elementi in cui vive la persona, mettendo così al centro la qualità della vita di ogni persona affetta da una determinata patologia, pertanto, non c’è più solamente la diagnosi o la disabilità ma, assume particolare valore l’interazione tra la persona e l’ambiente circostante.
In particolare, ridefinendo il concetto di disabilità in relazione all’ambiente, si è fatto sì che, tale condizione, sia stata presa in carico, facendo sì che, si potesse tramutare in una esperienza umana universale, in cui ogni istituzione e associazione coinvolta, fosse messa nelle condizioni di dare un contributo più determinante per l’inclusione sociale. Oggi però, alla luce del grave momento storico che stiamo vivendo, occorre che, ognuno di noi, dia un contributo ancora più determinante alla presa in carico della fragilità nel suo complesso, partendo proprio da una modernizzazione incisiva dell’ICF e prendendo spunto da ciò che, con grande lungimiranza, Papa Francesco ci dice nell’enciclica “Fratelli tutti”, ossia il “far rinascere un’aspirazione mondiale alla fraternità”. Solo agendo in questo modo potremo diventare migliori e più attenti a chi soffre.