Oggetti dei senzatetto diventano pezzi di design. A Torino un’iniziativa sulle “vite in difficoltà”
Dalla parte dei clochard:_per la mostra nel capoluogo piemontese ciascun designer ha ideato i suoi concept calandosi nei bisogni pratici degli homeless, mentre altri artisti e stilisti hanno dato vita a opere nuove o di restyling
L’ultimo censimento Istat mappa gli insediamenti spontanei dove vivono i senzatetto. Gli clochard abitano le periferie geografiche ed esistenziali. Per la prima volta emergono i 500 mila “invisibili”. E oggetti dei senzatetto diventano pezzi di design. A Torino un’iniziativa sulle “vite in difficoltà“. Molti designer progettano nuove barriere anti-clochard. Come divisori su panchine. Dissuasori. Recinzioni. Al contrario l’iniziativa del Causvuole proporre alla società civile progetti dal design non ostile. Anzi “potenzialmente utili” alle vite in difficoltà dei senzatetto. Gli ideatori dell’esposizione spiegano come ciascun designer abbia ideato i suoi concept. “Calandosi nei bisogni pratici degli homeless“. Mentre “altri artisti e stilisti hanno dato vita a opere nuove o di restyling“
Dalla parte dei senzatetto
Si tratta di lavori artistici “rispettosamente ironici. Utili ad alleviare, almeno con un sorriso, l’amara condizione di povertà”. Irridendo ai “soliti moralisti”. Molte di queste idee “non troveranno mai la strada della produzione in serie”. Potranno, però, “servire da spunto per ulteriori approfondimenti“, sottolineano al Caus. E “chissà che uno di questi prototipi un giorno non diventi reale in uso a chi ne ha bisogno”. Magari offerto “in modalità sharing free” All’iniziativa è seguita una tavola rotonda aperta al pubblico. Dal tema “Clochard e territorio”. Oggetti in uso dai senzatetto, quindi. Rivisitati dalle varie discipline del design. “ClocharDesign” è l’iniziativa di Raffaele Palma. Ideatore del Centro Arti Umoristiche e Satiriche (Caus). Al centro della mostra ospitata nella Biblioteca civica centrale. In via della Cittadella, nel cuore di Torino.
Emersione
Un anno fa a segnare una svolta culturale è stato il censimento permanente della popolazione e delle abitazioni. Dal 2021, infatti, l’Istat si pone come obiettivo anche la rilevazione delle convivenze anagrafiche. E delle cosiddette “popolazioni speciali“. Ovvero le “popolazioni elusive”. Costituite da persone senza tetto. Senza fissa dimora. O che vivono nei campi attrezzati. E negli insediamenti tollerati o spontanei. Una platea stimata in circa mezzo milione di persone. Esse, secondo l’Istat, rappresentano un universo variegato. E di difficile intercettazione sul territorio. Perciò “la rilevazione censuaria ha richiesto un importante cambio di paradigma metodologico“. I censimenti della popolazione hanno subito un’evoluzione “inclusiva“. Una variazione nell’approccio iniziato nel 1991. E proseguito nel 2011. Fino allo scorso anno, però, i senza fissa dimora e i senza tetto erano rilevati con tecnica “point in time”. Ossia una rilevazione effettuata nel corso di una notte nei grandi comuni. Con l’obiettivo di individuarne il maggior numero possibile.
Campi attrezzati
Nell’ultimo censimento, cioè quello del 2021, sono stati utilizzati invece come fonte i registri. Da essi si possono dedurre le informazioni anagrafiche sulle popolazioni “speciali”. A completamento del conteggio e della definizione della struttura demografica della popolazione censita. Al censimento del 2011 erano circa 125 mila le persone rilevate “in altro tipo di alloggio”. Cioè persone che vivevano nei campi attrezzati. Nelle baracche. Nei garage. Nelle situazioni di fortuna. Compresi circa 35 mila senza tetto. Si ipotizza che nell’arco di dieci anni questa parte della popolazione sia notevolmente aumentata. Come conseguenza della crisi economica.
Indagine
Nel 2014 è stata siglata una convenzione. Tra Istat, ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora e Caritas Italiana. In questo modo è stata realizzata in 158 comuni un’indagine. Sulla condizione delle persone che vivono in povertà estrema. Dalle rilevazioni è emerso che in un anno hanno utilizzato almeno un servizio di mensa o accoglienza notturna 51 mila senza dimora. Cioè il 2,43 per mille della popolazione regolarmente iscritta presso i comuni considerati. Un valore in aumento rispetto al triennio precedente. Quando era il 2,31 per mille (47mila 648 persone).
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