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Il Papa incontra Comunione Liberazione: “Don Giussani, dono per la Chiesa”

Il Papa traccia le direttrici per il futuro di Comunione e Liberazione, il vasto e variegato movimento ecclesiale diffuso in oltre 70 Paesi e fondato da don Luigi Giussani, di cui ricorre oggi il centenario della nascita

Guardare avanti, sempre avanti. Fuori, trovando “modi e linguaggi” adatti perché il carisma consegnato da don Giussani raggiunga “nuove persone e nuovi ambienti”; dentro, custodendo l’unità, senza farsi “ferire” da divisioni e contrapposizioni. Quelle, “fanno il gioco del maligno”.

Il Papa traccia le direttrici per il futuro di Comunione e Liberazione, il vasto e variegato movimento ecclesiale diffuso in oltre 70 Paesi e fondato da don Luigi Giussani, di cui ricorre oggi il centenario della nascita. Proprio in occasione di questa importante ricorrenza, Francesco incontra a Roma una parte degli oltre 300 mila aderenti al movimento, provenienti dall’Italia e da vari Paesi.

Una festa, più che un’udienza in Piazza san Pietro – racconta Vatican News – preceduta da canti, preghiere e testimonianze – quella della giovane Hassina e del memor Domini Rose – alla presenza di circa 60 mila fedeli, soprattutto giovani, che dalle prime ore del mattino hanno affollato con zaini e bandiere le vie limitrofe a San Pietro.

“Siete tanti… Il vostro movimento non perde la sua capacità di radunare e mobilitare”, esordisce il Pontefice. Subito rivolge il pensiero a don Giussani, “dono” per la Chiesa e per il mondo: la gratitudine è personale, “per il bene che mi ha fatto, come sacerdote, meditare alcuni libri di don Giussani”, e “come Pastore universale per tutto ciò che egli ha saputo seminare e irradiare dappertutto per il bene della Chiesa”.

Don Giussani è stato padre e maestro, è stato servitore di tutte le inquietudini e le situazioni umane che andava incontrando nella sua passione educativa e missionaria. La Chiesa riconosce la sua genialità pedagogica e teologica, dispiegata a partire da un carisma che gli è stato dato dallo Spirito Santo per l’utilità comune”

Non è “mera nostalgia” quella che anima le celebrazioni del centenario, ma “la memoria grata della sua presenza”, chiarisce il Papa. E si dice consapevole “che non sono per niente facili i periodi di transizione, quando il padre fondatore non è più fisicamente presente”. Ringrazia pertanto padre Julian Carrón (il precedente presidente dimissionario nel novembre 2021) “per il suo servizio nella guida del movimento durante questo periodo e per aver mantenuto fermo il timone della comunione con il pontificato”. Tuttavia, rileva Papa Francesco, “non sono mancati seri problemi, divisioni, e certo anche un impoverimento nella presenza di un movimento ecclesiale così importante come Comunione e Liberazione, da cui la Chiesa, e io stesso, spera di più, molto di più”.

“I tempi di crisi sono tempi di ricapitolazione della vostra straordinaria storia di carità, di cultura e di missione; sono tempi di discernimento critico di ciò che ha limitato la potenzialità feconda del carisma di don Giussani; sono tempi di rinnovamento e rilancio missionario alla luce dell’attuale momento ecclesiale, come pure delle necessità, delle sofferenze e delle speranze dell’umanità contemporanea. La crisi fa crescere. Non va ridotta al conflitto, che annulla. La crisi fa crescere”, dice il Papa.

L’unità più forte delle contrapposizioni

“Sicuramente don Giussani sta pregando per l’unità”, dice il Papa, “unità non vuol dire uniformità”. “Non abbiate paura delle diverse sensibilità e del confronto nel cammino del movimento”, è il suo invito.

“Che l’unità sia più forte delle forze dispersive o del trascinarsi di vecchie contrapposizioni… Non sprecate il vostro tempo prezioso in chiacchiere, diffidenze e contrapposizioni. Per favore! Non sprecare il tempo!”, rimarca.

Ampia parte del suo discorso il Papa la dedica ad alcuni aspetti della “ricca personalità” di quello che i membri di CL chiamano “don Gius”: “Il suo carisma, la sua vocazione di educatore, il suo amore alla Chiesa”.

Il “grande carisma personale” di don Giussani, uomo “capace di attrarre migliaia di giovani e di toccare il loro cuore”, proveniva da qualcosa vissuto in prima persona, cioè quando “a soli 15 anni, era stato folgorato dalla scoperta del mistero di Cristo. Aveva intuito – non solo con la mente ma con il cuore – che Cristo è il centro unificatore di tutta la realtà, è la risposta a tutti gli interrogativi umani, è la realizzazione di ogni desiderio di felicità, di bene, di amore, di eternità presente nel cuore umano”.

Giussani “ha capito in questo modo che il cristianesimo non è un sistema intellettuale, un pacchetto di dogmi, un moralismo, ma che il cristianesimo è un incontro”, dice Francesco, citando le parole dell’allora cardinale Ratzinger alle esequie.

“Don Giussani attraeva, convinceva, convertiva i cuori perché trasmetteva agli altri ciò che portava dentro dopo quella sua fondamentale esperienza: la passione per l’uomo e la passione per Cristo come compimento dell’uomo. Tanti giovani lo hanno seguito perché i giovani hanno un grande fiuto. Quello che diceva veniva dal suo vissuto e dal suo cuore, perciò ispirava fiducia, simpatia e interesse. Questo carisma va custodito, non come qualcosa di conservativo del passato, ma fatto fruttificare nell’oggi”.

“I carismi crescono come crescono le verità del dogma, della morale: crescono in pienezza. Sono i modi di viverlo che possono costituire un ostacolo o addirittura un tradimento al fine per il quale il carisma è stato suscitato dallo Spirito Santo. Riconoscere e correggere le modalità fuorvianti, laddove necessario, non è possibile se non con atteggiamento umile e sotto la guida sapiente della Chiesa”.

“La potenzialità del vostro carisma è ancora in gran parte da scoprire, ancora c’è gran parte da scoprire; vi invito perciò a rifuggire da ogni ripiegamento su voi stessi, dalla paura – la paura non ti porterà mai a un buon porto – e dalla stanchezza spirituale, che ti porta alla pigrizia spirituale”, aggiunge Francesco.

Educare i giovani

Si sofferma poi sulla figura di don Giussani “educatore”. Fin dai primi anni di ministero sacerdotale, di fronte allo smarrimento e all’ignoranza religiosa di molti giovani, don Luigi sentì “l’urgenza di comunicare loro l’incontro con la persona di Gesù”. “Aveva una capacità unica di far scattare la ricerca sincera del senso della vita nel cuore dei giovani, di risvegliare il loro desiderio di verità. Da vero apostolo, quando vedeva che nei ragazzi si era accesa questa sete, non aveva paura di presentare loro la fede cristiana. Ma senza mai imporre nulla”.

“Il suo approccio ha generato tante personalità libere, che hanno aderito al cristianesimo con convinzione e passione; non per abitudine, non per conformismo, ma in modo personale e creativo”.

Giussani rispettava infatti l’indole di ognuno, la storia, il temperamento, i doni. “Non voleva persone tutte uguali e non voleva nemmeno che tutti imitassero lui, che ognuno fosse originale, come Dio lo ha fatto. E infatti quei giovani, crescendo, sono diventati, ciascuno secondo la propria inclinazione, presenze significative in diversi campi, nel giornalismo, nella scuola, nell’economia, nelle opere caritative e di promozione sociale”. Questa è, per il Papa, “una grande eredità spirituale”, anch’essa da custodire e portare avanti, insieme a quell’amore per la Chiesa che il servo di Dio ha sempre mostrato.

“Figlio della Chiesa” è il terzo aspetto che il Papa vuole infatti rimarcare di Giussani: “È stato un sacerdote che ha amato tanto la Chiesa. Anche in tempi di smarrimento e di forte contestazione delle istituzioni, ha sempre mantenuto con fermezza la sua fedeltà alla Chiesa, per la quale nutriva un grande affetto”. “Con grande equilibrio, ha saputo sempre tenere insieme il carisma e l’autorità, che sono complementari, entrambi necessari”. “Il carisma – aggiunge il Papa a braccio – va istituzionalizzato”.

Senza l’autorità si rischia di andare fuori strada, di andare in una direzione sbagliata. Ma senza il carisma il cammino rischia di diventare noioso, non più attraente per la gente di quel particolare momento storico”.

Un messaggio, questo, che il Papa rivolge a chi in CL detiene ruoli di autorità e di governo, che esorta a “servire tutti gli altri e indicare la strada giusta”, guidando il movimento, favorendo lo sviluppo, tutelando i membri e la loro formazione umana e spirituale.

Il Papa chiede infine “un aiuto concreto” a Comunione e Liberazione, “per oggi, per questo tempo”.

“Vi invito ad accompagnarmi nella profezia per la pace – Cristo, Signore della pace! Il mondo sempre più violento e guerriero mi spaventa. Lo dico davvero, mi spaventa –; nella profezia che indica la presenza di Dio nei poveri, in quanti sono abbandonati e vulnerabili, condannati o messi da parte nella costruzione sociale; nella profezia che annuncia la presenza di Dio in ogni nazione e cultura, andando incontro alle aspirazioni di amore e verità, di giustizia e felicità che appartengono al cuore umano e che palpitano nella vita dei popoli. Arda nei vostri cuori questa santa inquietudine profetica e missionaria. Non rimanete fermi”.

Da qui un’ultima, fondamentale, raccomandazione: “Amate e preservate l’unità della vostra ‘compagnia’. Non lasciate che la vostra Fraternità sia ferita da divisioni e contrapposizioni, che fanno il gioco del maligno. È il suo mestiere: dividere, sempre. Anche i momenti difficili possono essere momenti di grazia, e possono essere momenti di rinascita. Comunione e Liberazione nacque proprio in un tempo di crisi quale fu il ’68. E in seguito don Giussani non si è spaventato dei momenti di passaggio e di crescita della Fraternità, ma li ha affrontati con coraggio evangelico, affidamento a Cristo e in comunione con la madre Chiesa”.

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