Il 17 settembre ricorre la Giornata mondiale della sicurezza del paziente, celebrata per la prima volta nel 2019 dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) con lo scopo di sensibilizzare su questo tema e di spingere tutti gli operatori del settore a rendere il sistema sanitario più sicuro. Tutto questo prima che il mondo venisse investito dalla pandemia di Coronavirus, che ha messo a dura prova i servizi sanitari di moltissimi Paesi.
Il discorso della sicurezza poggia su due pilastri: gli operatori sanitari e l’organizzazione dei servizi. Non è più accettabile oggi che le persone vengano “scaricate” impropriamente per ore nei pronto soccorsi, col rischio per altri pazienti più urgenti di non venire trattati con tempestività.
Per risolvere questo problema, occorre prima di tutto operare sul territorio creando una sorta di “filtro” per il pronto soccorso. Tempo fa proposi alla giunta di Milano di realizzare un centro sempre aperto per i casi urgenti, non per le emergenze, a cui ci si poteva rivolgere senza prenotazione. Sul modello di Londra, dove ci sono circa duecentro e trecento strutture simili. Una sorta di guardia medica “potenziata”, un centro per la diagnosi preventiva in modo tale da non gravare sull’emergenza. La giunta milanese ha stanziato due milioni per la sua realizzazione ma purtroppo, per una serie di motivi, non è durato a lungo. Adesso a livello nazionale hanno impostato le case di comunità, che potrebbero ospitare per esempio strutture a bassa intensità di cura.
Delle soluzioni vanno trovate anche per gli ambulatori e i reparti ospedalieri. Si possono pensare degli ambulatori a rapido accesso, per patologie come il diabete. Un ambulatorio a cui si accede senza grande formalità e che raduna tutti specialisti del diabete, dove il paziente viene curato, visto, visitato. Il diabete è una malattia cronica molto impegnativa per cui la facilità di accesso vuol dire anche curarsi meglio. Ma l’accesso rapido andrebbe pensato anche per i tumori e le gravi patologie.
Nei reparti, il carico di lavoro è già enorme e il personale non ha tempo di curare nel dettaglio tutti i problemi del malato, come l’alimentazione o la somministrazione di farmaci. Le persone vanno preparate, formate, controllate nel loro operato e non vessate con mille compiti perché l’organico è insufficiente. Questo è uno degli effetti peggiori del pensare la sanità come un’azienda, con il continuo risparmio delle risorse che poi paghiamo in termini di salute e di vita.
Parlando di medicina del territorio, c’è anche il capitolo del medico di base. Questo medico deve diventare il medico curante uscendo dal cliché del medico che si trova a prescrivere ricette seguendo duemila pazienti, come è oggi. Anche il medico di base deve avere una formazione specifica e deve essere controllato nel suo operato.