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Il processo al Cardinal Zen e i cristiani in Cina: ecco i possibili scenari

L'intervista di Interris.it a Marco Respinti, direttore di Bitter Winter, in occasione dell'inizio del processo al Cardinale Zen

In Cina, secondo gli ultimi dati disponibili, i cristiani sarebbero circa 70 milioni, di cui 12 milioni cattolici. Nel Paese, però, la discriminazione religiosa bersaglia tutte le religioni, tra cui ovviamente anche il cristianesimo, e questo attraverso la distruzione dei luoghi di culto, la rimozione dei sacerdoti e le violenze contro i fedeli.

L’accordo del 2018

In base a un accordo provvisorio della durata di due anni, firmato da Cina e Santa Sede il 22 settembre 2018 e rinnovato nel 2020, per la prima volta il Papa viene riconosciuto dal regime capo della Chiesa Cattolica anche in Cina. L’obiettivo principale dell’accordo è stato porre rimedio al problema della nomina disgiunta dei vescovi, che, da quel momento, ha trovato parziale soluzione in una sorta di riconoscimento reciproco, quantunque venato di mille ambiguità.

Il cardinale Zen

Nonostante i grandi sforzi della diplomazia vaticana, l’atteggiamento di Pechino e di Hong Kong nei confronti delle comunità religiose è sempre improntato al massimo controllo e alla repressione di qualsiasi forma di democrazia. Rispetto a questo, è fortemente evocativa la vicenda del cardinale Joseph Zen Ze-kiun. Già vescovo di Hong Kong, e strenuo difensore dei diritti democratici, il cardinale è stato arrestato nel maggio 2022 dalla polizia incaricata della sicurezza nazionale di Hong Kong con l’accusa assurda di collusione con forze straniere. Il processo a suo carico ha inizio oggi. Interris.it ne parla con Marco Respinti, direttore responsabile di “Bitter Winter: A Magazine on Religious Liberty and Human Rights.”

Sacerdoti cattolici cinesi (© La Stampa)

L’intervista

Qual è la situazione attuale dei cristiani in Cina?

“Per molti versi, la condizione dei cristiani in Cina oggi si trova a un bivio e la situazione è molto delicata. Su tutto pesano i decenni della persecuzione durissima, cominciata dal 1° ottobre del 1949, allorché il Partito Comunista Cinese (PCC) di Mao Zedong (1893-1976) diede vita alla Repubblica Popolare Cinese. Quella dei cattolici cinesi, nonché dei cristiani in generale, è una storia ricca di martiri, di vescovi, sacerdoti e pastori uccisi, di angherie e molestie insostenibili contro la popolazione. Questo ha prodotto anche una frattura all’interno della Chiesa Cattolica e comunque del cristianesimo cinese. Da 1957 il PCC, che in base alla propria visione marxista-leninista considerava e considera le religioni un nemico pericolosissimo, mantiene verso i cattolici un atteggiamento duplice. Da un lato la persecuzione diretta, fatta di massacri, uccisioni e altre forme di violenza; dall’altro l’infiltrazione attraverso la creazione di una cosiddetta associazione “patriottica” tesa a controllare tutto e tutti. Questa stessa strategia, mediante la costituzione di analoghe associazioni “patriottiche”, è stata praticata anche verso quattro altre grandi comunità religiose cinesi: protestanti, musulmani, buddhisti e taoisti. Tutte queste associazioni sono agenzie del governo, responsabili di una persecuzione indiretta, ma non meno pervicace. Il regime, infatti, rendendosi concretamente conto di non riuscire nei propri intenti solo attraverso la persecuzione scoperta soprattutto dei gruppi religiosi numericamente rilevanti e/o legati a realtà straniere, ha pensato anche a un piano B. Questo non avviene però per i gruppi religiosi numericamente più piccoli o poco noti fuori dal Paese, che finiscono nel tritacarne del regime con meno clamore. L’accordo del 2018 ha però introdotto varianti nuove per i cattolici”.

Roma 23/02/2019 – il Presidente della Repubblica Democratica Cinese visita il Presidente del Consiglio e firma accordi economici ‘ Via della Seta’ / foto Samantha Zucchi/Insidefoto/Image
nella foto: Xi Jinping

Quali effetti ha provocato questa persecuzione duplice?

“La strategia della persecuzione su due binari ha fatto sì che i fedeli cattolici si spaccassero fra “clandestini” e “patrioti”, ma la divisione fra i due gruppi non è semplice da stilare. Se le guide dell’associazione patriottica, di tutte le associazioni patriottiche, sono certamente agenti del PCC, che non hanno certo a cuore il bene della Chiesa o delle religioni, non tutti i fedeli che vi aderiscono lo sono. Magari sono dei faciloni, degli ingenui, ma spesso sono credenti veri. Finiscono strumentalizzati dal partito, ma non sono colpevoli di per sé di tradimento. Sarebbe ingiusto dirlo. D’altro canto, la Chiesa clandestina ha pagato duramente con il sangue la fedeltà alla Cattedra di Pietro, e questo è un fatto che non deve essere né sottovalutato né dimenticato. La spaccatura però che si è prodotta così è grave, gravissima: perché rompe l’unità dei cattolici attorno al Papa, al Magistero e ai vescovi successori degli Apostoli, con tutto ciò che ne consegue per la continuità apostolica, l’amministrazione dei sacramenti e tanti altri aspetti decisivi. Insomma, nel cattolicesimo non possono esistere due Chiese, una fedele al regime e un’altra al Papa. Uno dei punti di forza dell’associazione patriottica dei cattolici cinesi era proprio la rottura nei confronti del pontefice e la fedeltà ai pastori che venivano scelti dal Partito. Ciò non è sostenibile e, per molti anni, fino al 2020, tale situazione ha ferito profondamente la Chiesa Cattolica per motivi spirituali e ideologici. Questa ferita gravissima è perdurata fino alla stipula dell’accordo nel settembre 2018, coronamento di un lavoro della Santa Sede durato decenni con l’obiettivo, comunque sia stato giudicato, di sanare tale ferita. La nomina dei vescovi cattolici in Cina e il meccanismo della stessa è stata l’occasione, ma ovviamente l’accordo significa molto di più. Questo sforzo della Santa Sede va tenuto sempre ben presente. Ora, il testo di quell’accordo è e resta segreto, letto solo da pochissime persone. Cosa prescriva ancora il mondo non lo sa. Il PCC lo ha quindi interpretato come il via libera da parte della Santa Sede alle proprie politiche, in specie quelle di unificazione forzata delle due Chiese dentro l’associazione patriottica, oramai unica realtà riconosciuta da entrambi, che ha pure cambiato nome, con il conseguente venire allo scoperto di tutti i clandestini. La Santa Sede si è sforzata, anche per iscritto, attraverso il Cardinal Pietro Parolin, di correggere il tiro, ma diciamo che il PCC ha avuto e ha la meglio. Se adesso quindi il Vaticano non continuasse a rinnovare quell’accordo, che resta segreto, gli ex cattolici clandestini, che ora il regime conosce per nome, cognome e indirizzo, sarebbero pericolosamente scoperti.

Oggi inizia il processo al Cardinale Zen, quali nuovi orizzonti si aprono nei rapporti tra la Chiesa Cattolica e la Repubblica Popolare Cinese?

Hong Kong
La polizia reprime le proteste a Hong Kong

“I rapporti continuano a essere ovviamente delicatissimi, ma per certo il processo apre una nuova fase. Anzitutto, ricordiamo che Hong Kong è oramai di fatto sotto il regime cinese. Il fatto che il cardinale, che peraltro è entrato e uscito più volte dal carcere, colpito ora da una nuova accusa risibile e fasulla di sedizione, in un contesto dove lo Stato di diritto è assente e l’arbitrio è assoluto, vada a processo così è irricevibile. Come il fatto che nessuno possa dire niente o dica nulla. Per i cattolici ora la nuova fase si apre perché immagino che la Santa Sede non possa stare solo a guardare, pure con tutte le prudenze e gli stili della diplomazia vaticana (che resta una delle migliori del mondo). Certamente non potrà cioè non succedere nulla. Anche a Hong Kong l’interlocutore ora è Xi Jinping a Pechino e il Vaticano lo sa bene.”

Sul volo di ritorno dal Kazakhstan, giovedì 15 settembre, il Papa ha detto: “Qualificare la Cina come antidemocratica io non me la sento, perché è un Paese così complesso… sì, è vero che ci sono cose che a noi sembrano non essere democratiche, quello è vero. Il cardinale Zen andrà a giudizio in questi giorni, credo. E lui dice quello che sente, e si vede che ci sono delle limitazioni lì. Più che qualificare, perché è difficile, e io non me la sento di qualificare, sono impressioni, cerco di appoggiare la via del dialogo”. Come valuta queste parole?

Papa Francesco (© Vatican News)

“Le valuto per quello che dicono e per quello che non dicono. Il Vaticano è ora alle prese con un problema enormemente difficile e queste parole riflettono questa difficoltà, perché la posta in gioco è anche la sorte di milioni di credenti. Speriamo che la prudenza adoperata non finisca per nuocere loro. Per certo i dati a disposizione di tutti permettono certamente di dire che il regime totalitario neo-post-nazional-comunista cinese, colpevole di genocidi multipli, sia un Paese non democratico e antidemocratico che vessa milioni di propri cittadini, praticando turpitudini di ogni genere, razzismo e discriminazioni”.

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