In alcune regioni italiane, la campanella che segna la ripresa delle lezioni scolastiche è già suonata. Dopo due anni particolarmente complessi a causa della pandemia, senza dimenticare gli ultimi mesi dell’anno scolastico del 2020 segnato dal lockdown, studenti e insegnati si apprestano a ritornare sui banchi e sulle cattedre. Ma che anno scolastico sarà quello del 2022-2023?
Le nuove regole anti-covid
In base alle nuove regole anti-covid, almeno per il momento, per quest’anno non è previsto l’obbligo delle mascherine. Studenti e personale a rischio di sviluppare forme severe di Covid-19 dovranno, invece, utilizzare i dispositivi di protezione respiratoria del tipo Ffp2, si legge nel vademecum inviato alle scuole dal ministero dell’Istruzione. È consentita la permanenza a scuola a bambini e studenti con sintomi respiratori di lieve entità ed in buone condizioni generali che non presentano febbre. Per accedere ai locali scolastici non sono previsti controlli sullo stato di salute, ad es. misurazione della temperatura corporea. Gli alunni positivi non potranno però utilizzare la Dad: “La normativa speciale per il contesto scolastico legata al virus SARS-CoV-2, che consentiva tale modalità, cessa i propri effetti con la conclusione dell’anno scolastico 2021/2022″, si legge nelle faq del documento.
L’intervista
Per capire come procede l’avvio del nuovo anno scolastico, Interris.it ha intervistato Ivana Barbacci eletta segretaria della Cisl Scuola, dopo la conclusione del settimo Congresso Nazionale Cisl. Ivana Barbacci, 52 anni, sposata e con una figlia studentessa universitaria, è nata e risiede in Umbria. È insegnante di lettere nella scuola secondaria di I grado, dopo aver lavorato come docente nella scuola dell’infanzia e successivamente nella primaria. Entrata a far parte della segreteria nazionale, insieme a Maddalena Gissi, nel 2015, era stata in precedenza segretaria regionale della CISL Scuola Umbria. Dal dicembre 2015 ha ricoperto l’incarico di segretaria organizzativa, diventando segretaria generale aggiunta nel luglio 2021.
Segretaria Barbacci, ci troviamo a pochi giorni dalla riapertura delle scuole. A che punto siamo?
“L’attività nelle scuole è ripresa come ogni anno a pieno ritmo il primo settembre, i collegi dei docenti sono al lavoro per tutti gli adempimenti di loro competenza, i dirigenti stanno definendo l’assegnazione dei docenti alle classi, e qui cominciano in gran parte i problemi, che sono gli stessi degli anni precedenti, legati all’alto numero di posti destinati a rapporti di lavoro precari. Le nomine in ruolo, ancora una volta, sono state meno della metà di quelle autorizzate: vengono al pettine i nodi irrisolti di un sistema di reclutamento che continua a essere ostaggio di pregiudizi ideologici insensati e affidato a meccanismi concorsuali la cui affidabilità, come dimostrato anche dalla valanga di errori rilevati nei quesiti, è ormai pari a zero. Se le scuole potranno aprire, nei prossimi giorni, lo si dovrà quindi, per l’ennesima volta, a decine di migliaia di docenti precari. Sostenerli nel loro lavoro con opportuni supporti formativi potrebbe e dovrebbe, secondo noi, essere il punto di partenza per una politica di valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita sul campo, cui legare anche opportunità di stabilizzazione che andrebbero a favore non solo dei diretti interessati, ma della funzionalità e della qualità della scuola. Un sostegno reale e concreto alla continuità didattica, di cui tanto si parla e che trova nella stabilità del lavoro una delle sue premesse indispensabili”.
La Commissione europea ha fatto un deciso richiamo al nostro Paese affinché la riapertura delle scuole sia fatto in sicurezza. Dopo due anni di pandemia sarà possibile?
“Anzitutto c’è da augurarsi che la pandemia non torni a manifestarsi con l’intensità che abbiamo conosciuto nei due anni precedenti e che la cosiddetta ‘convivenza’ con la circolazione del virus, come accaduto nei mesi estivi, possa realizzarsi senza bisogno di ricorrere alle misure eccezionali che hanno segnato i lunghi mesi dell’emergenza. Va da sé che gran parte delle soluzioni immaginate per un’efficace azione preventiva siano rimaste sulla carta, basti pensare al nodo dei trasporti, o al dimensionamento delle classi, visto che non potremo più contare sul cosiddetto organico covid, o ai sistemi di aereazione delle aule, di cui tanto si è parlato ma molto poco si è fatto. Avremo in più, quest’anno, il problema delle esigenze di risparmio energetico, su cui sono circolate ipotesi, per noi inaccettabili, di ridimensionamento degli orari di funzionamento delle scuole. Lo voglio dire con molta chiarezza: ci sono altri modi e altri settori nei quali realizzare un risparmio dei costi energetici senza bisogno di compromettere la piena funzionalità del servizio scolastico. Alle alunne e agli alunni delle nostre scuole non si può togliere altro tempo, casomai hanno diritto di vederselo restituire, l’attività scolastica in presenza ha già sofferto troppe privazioni”.
Parliamo del vademecum ministeriale in vista della ripresa. Pensa che sia sufficiente a garantire la sicurezza degli studenti e dei docenti?
“Come ho già accennato, si tratta sostanzialmente di un elenco di indicazioni che fanno affidamento soprattutto sulla responsabilità del personale scolastico e in primis dei dirigenti scolastici, per i quali l’emergenza comunque sembra non avere mai fine. Se quelle indicazioni serviranno a garantire la sicurezza degli studenti e del personale dipenderà ovviamente dal contesto in cui ci troveremo, e rispetto al quale è chiaro che al personale scolastico, qualora vi siano emergenze significative, non potrà essere chiesto di sostituirsi alle competenze e alle responsabilità che attengono ad altri soggetti a vari livelli. Il vizio di scaricare ogni incombenza su dirigenti, docenti e personale ATA andrebbe assolutamente perso”.
Cosa accadrà ai docenti o al personale Ata che non è vaccinato? Resteranno a casa? Saranno presenti a scuola ma con altre mansioni?
“Conclusa la fase dell’emergenza, non vi sono oggi obblighi e impedimenti conseguenti, come chiarito dallo stesso Ministero qualche settimana fa. Quindi ognuno è tornato alle sue abituali mansioni a partire dal 1° settembre. Mi piace ricordare che il personale della scuola ha aderito nella sua stragrande maggioranza alla campagna vaccinale, dopo che peraltro era stata sollecitata fin dal suo primo avvio una corsia preferenziale per le vaccinazioni di docenti, dirigenti e ATA. Una risposta improntata a grande responsabilità e senso civico che merita grande apprezzamento, data da una categoria che anche per questo mi onoro di rappresentare in così gran parte. Aggiungo che ci siamo sempre preoccupati di tutelare chi, per giustificati e comprovati motivi, poteva essere esonerato dagli obblighi vaccinali, e in generale perché si agisse più verso la sensibilizzazione che ponendo l’accento su aspetti sanzionatori. Se vi sarà bisogno – speriamo di no – di nuove misure di contrasto al contagio, saranno le autorità competenti a dircelo e a indicare ciò che sarà opportuno e necessario fare: i nostri comportamenti saranno come sempre di grande responsabilità”.
Parlando del personale docente: l’anno si aprirà con l’organico al completo o ci sono cattedre scoperte?
“Ho già detto che le assunzioni in ruolo sono state molto meno del previsto. Forse meno di 50.000 sulle oltre 94.000 autorizzate. Se ai posti rimasti scoperti si aggiungono quelli da coprire nel cosiddetto organico di fatto, in particolare quelli aggiuntivi per il sostegno, è facile prevedere che le supplenze necessarie saranno almeno 150.000, ma probabilmente andremo ben oltre, come avviene ormai da diversi anni. Una situazione di precarietà diffusa assolutamente insostenibile, che può essere risolta solo con una politica degli organici legata al reale fabbisogno e con nuove regole sul reclutamento, che affianchino ai concorsi per esami un canale di valorizzazione dell’esperienza di lavoro maturata sul campo. Non chiediamo sanatorie, ma una politica del reclutamento sensata, legata alla realtà e non alle ideologie, in cui il lavoro precario, che vuol dire anche acquisizione di competenze e professionalità, sia considerato una risorsa da cui attingere e non una zavorra o, peggio ancora, un’occasione di risparmio sui costi del personale”.
Vuole fare una sua conclusione?
“La crisi di governo, che la CISL ha giudicato intempestiva e inopportuna, ci consegna alle incertezze di una campagna elettorale in vista di elezioni che ci daranno un nuovo Parlamento e un nuovo Governo. Se stiamo alle parole che oggi provengono più o meno da ogni versante politico, sembra di cogliere una consapevolezza quasi unanime sul fatto che la scuola debba ritrovare una nuova centralità e che il suo personale meriti un più dignitoso riconoscimento sul piano sociale ed economico. Per antica esperienza attendiamo la prova dei fatti: nel frattempo, per chi voglia tradurre in pratica le buone intenzioni vi è da subito l’occasione, quella di un rinnovo contrattuale per il quale, se vogliamo rappresenti un passo avanti verso la direzione che tutti dichiarano di perseguire, servono ulteriori risorse oltre a quelle già stanziate nelle leggi di bilancio. La CISL, come sua consuetudine, non dà indicazioni di voto, pur essendo ovviamente in grado di valutare con la massima attenzione programmi e proposte, rispetto alle quali non esiste certo indifferenza. Il Governo del Paese lo sceglieranno gli elettori, quale che sia la scelta noi saremo in campo per rivendicare il ruolo e gli spazi che spettano alle forze sociali. Da troppo tempo la politica, con formule e schieramenti di diverso segno, ha manifestato una pretesa di autosufficienza che non ha certo giovato alla qualità delle decisioni assunte sul sistema di istruzione e formazione. Continueremo a batterci perché la scuola e i suoi problemi siano terreno di condivisione delle scelte e non di conflitto esasperato”.