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Un “arcipelago educativo” per contrastare la perdita degli apprendimenti in estate

L’intervista di Interris.it a Carlotta Bellomi, responsabile dei progetti scuola di Save the Children in Italia

Lasciare gli studi con soltanto la licenza media e il calo degli apprendimenti sono due tra i principali problemi che affliggono oggi il mondo della scuola italiana – con un profondo impatto sociale nel presente e soprattutto nel futuro di tanti giovani e giovanissimi. L’abbandono scolastico precoce, scrive la fondazione indipendente senza scopo di lucro Openpolis, è infatti al 13,1% nel 2020, in calo ma sempre distante dalla soglia fissata dall’Unione europea al 9%. L’Italia è il quarto paese dei Ventisette per incidenza del fenomeno, che si fa sentire in particolare nel Mezzogiorno. Quattro regioni del Sud, infatti, sono al di sopra della media nazionale: la Sicilia, con un tasso di abbandono al 19,4%; la Campania col 17,3%; la Calabria, al 16,6; la Puglia con il 15,6%. Sotto il profilo degli apprendimenti, alle prove INVALSI 2022 si è registrata una sostanziale stabilità nei risultati rispetto all’anno precedente, mostrando un quadro simile a quello del 2021: il divario territoriale, con un Sud e le isole più indietro rispetto al Centro-Nord e difficoltà con la matematica – anche se il calo dell’acquisizione delle competenze in questa materia sembra essersi fermato. Per cercare di contrastare il calo degli apprendimenti e raggiungere soprattutto i ragazzi e le ragazze che vivono in condizioni più svantaggiate e hanno minor accesso a strumenti culturali, dal 2020 anni l’organizzazione umanitaria Save the Children, insieme alla Fondazione Agnelli, ha lanciato il progetto estivo “Arcipelago educativo”: “Abbiamo pensato di aiutarli a recuperare in un altro tempo, durante l’estate, e in maniera divertente, con attività laboratoriali e ludiche che, in maniera stimolante e creativa, che vanno a sostenere competenze di base e trasversali”, illustra Interris.it Carlotta Bellomi, responsabile dei progetti scuola di Save the Children in Italia. Giunto alla terza edizione, il progetto dalla durata di 100 ore coinvolge oltre 570 bambine, bambini e adolescenti (per il 41% della scuola primaria e per il 59% della secondaria di primo grado) tra che frequentano 38 scuole delle città di Torino, Milano, Venezia-Marghera, Aprilia, Ancona, Napoli, Rosarno, Bari e Palermo.

L’intervista

In un’intervista alla dottoressa Bellomi, Interris.it si è fatto spiegare in cosa consista il progetto “Arcipelago educativo”.

Come nasce questa iniziativa?

“Il progetto è nato nell’estate 2020 con l’obiettivo di contrastare la perdita degli apprendimenti durante la pausa estiva (summer learning loss). Dopo tanti mesi tra lockdown e restrizioni volevamo dare delle opportunità ai ragazzi per recuperare quanto avevano perso, consentirgli di rafforzare le proprie relazioni sociale e sostenere il loro benessere emotivo. Abbiamo anche voluto valorizzare la scuola come il contesto educativo di riferimento 365 giorni all’anno. In questa terza edizione, inoltre, il progetto viene sottoposto a una valutazione di impatto, a cura dell’Istituto per la Ricerca Valutativa sulle Politiche Pubbliche, per osservare  i cambiamenti associati alla partecipazione al progetto, nei livelli di competenza degli studenti sia sulle dimensioni cognitive, come gli apprendimenti di base, che su quelle non cognitive e trasversali, come resilienza e benessere”.

A quali fasce di età si rivolge?

“Ai bambini e ragazzi dai nove ai 14 anni delle scuole primarie e secondarie di primo grado. Riteniamo infatti sia importante rafforzare prima le loro competenze in modo tale da abbattere i casi di abbandono scolastico. Il progetto interessa alcuni quartieri a rischi di nove città italiane dal Nord al Sud, passando per il Centro. Le scuole ci aprono le loro porte e sono fondamentali nell’individuare i beneficiari dell’iniziativa, quei ragazzi a rischio di dispersione scolastica. I dirigenti scolastici sono i principali alleati, insieme alle famiglie, di una strettissima collaborazione strettissima tra terzo settore, famiglie e scuole che mette al centro il bambino e il ragazzo. Chi va partecipa spesso proviene da contesti svantaggiati e l’obiettivo del progetto è quello di avvicinarlo alle bellezza culturali, artistiche e naturalistiche del loro territorio, andando a rafforzare quelle competenze che si indeboliscono o hanno bisogno di approfondimento. Sotto questo punto di vista, sono molto importanti le competenze meta-cognitive: ogni attività preceduta da una riflessione sul perché imparare quelle cose ed è seguita da un ragionamento su ciò che  si è imparato”.

Quali attività svolgono coloro che partecipano a questo progetto?

“Dei team di educatori con competenze specifiche nei processi di apprendimento sono al fianco di ogni bambino e ragazzo per tutte le 100 ore e gli fanno svolgere attività in piccoli gruppi. Ci sono delle isole educative dove si fanno dei laboratori per farli lavorare sulla loro espressione, come per esempio la web radio o il podcast, o sulle loro competenze matematiche attraverso dei giochi sportivi. Si fanno inoltre delle  uscite didattiche per aiutarli a conoscere e approfondire il territorio in cui vivono”.

Quale ruolo svolgono le famiglie?

“Si firma un patto di corresponsabilità con i genitori, che si avvicinano e si sentono maggiormente responsabili dei percorso educativi dei figli. Durante il percorso, anche i genitori ricevono stimoli educativi e attività che possono replicare a casa, in un ambiente domestico. Dato che, di base, la nostra utenza di questo servizio è di origine straniera, questo servizio di messaggistica è tradotto nelle principali lingue per far comprendere a tutti e per far sì che queste esperienze non siano limitate alla sola scuola”.

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