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Martinelli (Abilitiamo Autismo Onlus): Il diritto di avere garantito il proprio Progetto di Vita

L'intervista di Interris.it a Annalisa Martinelli, presidente dell'associazione Abilitiamo Autismo Onlus, impegnata in prima linea con altri genitori nell'attuazione del Progetto di Vita a Cascina Cristina

La legge numero 328 dell’8 novembre 2000, cioè la Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali nonché – all’articolo 14 – riconosce il diritto al progetto individuale per la realizzazione della piena “integrazione delle persone disabili di cui all’articolo 3 della Legge 5 febbraio 1992 n. 104 conosciuto anche come Progetto di Vita. Il perseguimento di questo obiettivo risulta però molto difficile, tanto che spesso, le famiglie delle persone con disabilità agiscono in prima persona per favorire l’inclusione e l’autonomia dei loro congiunti. A tal proposito, nel territorio di Cantù, un gruppo di genitori di persone con autismo, ha dato vita al progetto denominato Cascina Cristina, la quale costituisce un modello pilota per ospitare giovani adulti con autismo e dare il via ad un virtuoso processo di inclusione a 360 gradi. Interris.it ha intervistato in merito a questa esperienza di inclusione, Annalisa Martinelli, madre di tre figli di cui uno con autismo, da sempre impegnata con un gruppo di genitori di figli con autismo in assoluta sinergia con le rispettive attitudini, per attuare concretamente ciò che la normativa vigente definisce Progetto di Vita, nonché presidente dell’associazione Abilitiamo Autismo Onlus, da cui prende inizio il progetto Cascina Cristina.

volontari

L’intervista

Come nasce e quali obiettivi si pone il progetto “Cascina Cristina”?

“Il progetto Cascina Cristina innanzitutto nasce come progettualità dell’associazione Abilitiamo Autismo Onlus, la quale è una realtà costituita da un gruppo di cinque famiglie che – incontrando delle grandi difficoltà – per quanto riguarda la presa in carico dei propri figli autistici adulti, hanno deciso di impegnarsi e creare un’alternativa per il loro Progetto di Vita nonché qualità della vita. Nasce dalla difficoltà e dalla disperazione perché – non avendo trovato delle strutture disponibili ad accogliere i nostri figli in Lombardia – sono collocati fuori regione, in Piemonte, dovendo quindi fare lunghi tragitti per vivere una dimensione che dovrebbe essere inalienabile. Da lì è nata l’idea di incontrarci, di tentare di costruire questo progetto e, alla fine, oltre a servizi che saranno dedicati all’accoglienza dei nostri figli, abbiamo pensato di dare una risposta anche ai bisogni delle nostre famiglie. Nasce così Cascina Cristina, la quale offre la possibilità di un servizio residenziale per quattordici persone e di un servizio diurno molto importante per altre quindici. Il centro diurno previene moltissimo quelle che possono essere le problematiche che – non tempestivamente affrontate – portano magari ad un inserimento in struttura e di conseguenza magari ad un maggior disagio dei ragazzi nonché impegno per le famiglie e gli enti. A Cascina Cristina lavoreremo con dei professionisti che formeremo adeguatamente al fine di costruire un Progetto di Vita per queste persone così incredibili che sono le persone con autismo. Tutto è nato da un grande gesto di generosità della Comunità San Vincenzo di Cantù, la quale ha deciso di cederci, con il diritto modale di donazione di superficie per sessanta anni, Cascina Cristina. In seguito, abbiamo partecipato al bando degli Emblematici che abbiamo vinto nel 2019 con un contributo di Regione Lombardia. Allo stato attuale la struttura è quasi pronta e – se tutto va bene – in estate potranno entrare i ragazzi”.

In che modalità dovrebbe essere attuato il Progetto di Vita per venire maggiormente incontro alle esigenze delle persone con autismo e delle loro famiglie?

“Il tema è molto vasto. Ovviamente, il diritto della persona con autismo, è quello di avere garantito il proprio Progetto di Vita per tutte le età. Soprattutto nella fase evolutiva con una rapida e precoce diagnosi che consente un intervento specifico e mirato di tipo abilitativo nonché riabilitativo il quale – a sua volta – può contenere tutte le problematiche che poi sono elemento di disabilità, isolamento sociale e conseguente difficoltà nella realizzazione dei talenti di queste persone. Ovviamente poi, la problematica diventa più delicata nella transizione all’età adulta, perché nella stessa, vengono a mancare i riferimenti stabili che sono presenti nell’età evolutiva; quindi, la presa in carico da parte della Neuropsichiatria Infantile che non c’è più, l’uscita dalle realtà scolastiche, le quali rappresentano comunque un punto di riferimento per le famiglie e soprattutto una mancanza di presa in carico dal punto di vista sanitario. Queste persone rientrano nel mondo generico della disabilità, ma non hanno più questa continuità. È fondamentale che ci siano interventi di tipo educativo, i quali siano competenti. Noi sappiamo che – come ci dicono le evidenze scientifiche – l’intervento cognitivo – comportamentale – è fondamentale per abilitare queste persone, ma è importante che si creino anche degli ambienti strutturati per le persone con autismo, di tipo cognitivo, cognitivo – comportamentale, sensoriale e soprattutto che – nell’età adulta – gli si offra la possibilità di una attività lavorativa e occupazionale perché, il compimento stesso di questa età, la si ha attraverso il lavoro per le persone normotipiche e quindi anche per loro. In Cascina Cristina noi offriremo – essendo una community farm il modello di riferimento – una attività di tipo lavorativo agricolo, infatti abbiamo già seminato il mais, stiamo predisponendo la terra e l’orto nonché i campi sperimentali per la produzione di prodotti orticoli”.

Quali sono i vostri auspici per il futuro? In che modo chi lo desidera può aiutare la vostra azione?

“Ovviamente abbiamo affrontato un impegno economico molto grande. Il costo del recupero dell’immobile – il quale ha subito anche un restauro igienico conservativo visto il valore antropologico e artistico della Cascina – è pari a tre milioni di euro, di cui 950 mila erogati da Fondazione Cariplo, 1 milione da Regione Lombardia e il resto della somma è a carico dell’associazione. Per noi sono importanti le donazioni che ci aiutano ad andare a coprire questa quota di cofinanziamento. L’elemento di maggiore rilevanza è la sostenibilità nel futuro e quindi stiamo lottando per far sì che ci venga riconosciuto questo servizio attraverso una contrattualizzazione con la Regione, perché altrimenti non avremo modo di coprire le spese della retta. Ovviamente, nella stessa, la parte destinata al compenso di professionisti ed educatori è molto alta perché abbiamo bisogno di un rapporto educativo importante e di competenze. Questa è la nostra sfida, ci rendiamo conto che sogniamo in grande. Non lo facciamo solo per i nostri figli ma anche per altri che potranno essere accolti ed essere d’aiuto a chi vuole fare un percorso come quello che abbiamo fatto noi. È un momento molto delicato e speriamo che tutto vada bene”.

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