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Papa Francesco: “Gesù ci insegna che l’uno serve l’altro, senza interessi”

Nell'istituto penitenziario di Civitavecchia il Santo Padre ha celebrato la messa "in Coena Domini" e il rito della "lavanda dei piedi" a 12 detenuti

Si è svolta la visita privata, durata circa due ore, di papa Francesco al carcere di Civitavecchia, dove il Pontefice ha celebrato questo pomeriggio per i detenuti la messa in Coena Domini del Giovedì Santo, col tradizionale rito della lavanda dei piedi a 12 dei 500 detenuti. Insieme ad alcuni detenuti, erano presenti una rappresentanza degli agenti e del personale della casa circondariale e alcune autorità, tra cui il Ministro della Giustizia italiano Marta Cartabia. Uscendo in auto dal carcere, Francesco ha abbassato il finestrino della Fiat 500L gialla per salutare le persone e i giornalisti che lo attendevano all’esterno dell’istituto di pena.

La lavanda dei piedi

Al termine dell’omelia, come è consueto, il Santo Padre ha ripetuto il gesto di Gesù durante l‘Ultima Cena, quando il Signore ha lavato i piedi ai suoi discepoli in segno di amore spinto fino al servizio e all’umiliazione, nei confronti di 12 detenuti, uomini e donne, tra cui persone di età diversa e di diversa nazionalità.

I doni

In conclusione della messa, la direttrice del carcere ha rivolto alcune parole di
ringraziamento al Santo Padre e offerto in dono una stampa del porto antico di Civitavecchia, alcuni prodotti dell’orto coltivato dai detenuti e alcune opere fatte dal personale e dai detenuti.

I precedenti

Negli anni scorsi il pontefice ha celebrato più volte il rito della lavanda dei piedi in un carcere. A Roma in quello minorile di Casal del Marmo nel 2013, a Rebibbia nel 2015 e a Regina Coeli nel 2018. E poi in quello di massima sicurezza di Paliano (Frosinone) nel 2017 e a Velletri nel 2019. A causa delle restrizioni imposte dal Covid, il rito è stato sospeso nel 2020 e nel 2021.

L’omelia

“Tutti i Giovedì Santo leggiamo questo brano del Vangelo: è una cosa semplice. Gesù, con i
suoi amici, i suoi discepoli è a cena, la cena della Pasqua; Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli – cosa strana quella che ha fatto: a quel tempo i piedi li lavavano gli schiavi all’entrata della casa. E poi, Gesù – con un gesto che anche tocca il cuore – lava i piedi al traditore, quello che lo vende. Così è Gesù e ci insegna questo, semplicemente: fra voi, dovete lavare i piedi. È il simbolo: tra voi, dovete servirvi; uno serve l’altro, senza interessi. Che bello sarebbe se questo fosse possibile farlo tutti i giorni e a tutta la gente: ma sempre c’è l’interesse, che è come una serpe che entra. E noi ci scandalizziamo quando diciamo: “Sono andato a quell’ufficio pubblico, mi hanno fatto pagare una mancia”. Questo fa male, perché non è buono. E noi, tante volte, nella vita cerchiamo il nostro interesse, come se noi facessimo pagare una mancia tra noi. È importante invece fare tutto senza interesse: uno serve l’altro, uno è fratello dell’altro, uno fa crescere l’altro, uno corregge l’altro, e così bisogna fare andare avanti le cose. Servire! E poi, il cuore di Gesù, che al traditore dice: “Amico” e anche lo aspetta, fino alla fine: perdona tutto. Questo vorrei metterlo oggi nel cuore di tutti noi, anche nel mio: Dio perdona tutto e Dio perdona sempre! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono. E ognuno di noi, forse, ha qualche cosa lì al cuore, che porta da tempo, che gli fa “ron-ron”, qualche scheletrino nascosto nell’armadio. Ma, chiedete perdono a Gesù: Lui perdona tutto. Soltanto vuole la fiducia nostra di chiedere perdono. Tu lo puoi fare quando stai da solo, quando stai con altri compagni, quando stai con il sacerdote. Questa è una bella preghiera per il giorno di oggi: “Ma, Signore, perdonami. Io cercherò di servire gli altri, ma Tu servi me con il Tuo perdono”. Lui ha pagato così con il perdono. Questo è il pensiero che vorrei lasciarvi. Servire, aiutarci l’un l’altro ed essere sicuri che il Signore perdona. E quanto perdona? Tutto! E fino a dove? Sempre! Non si stanca di perdonare: siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono. E adesso, io cercherò di fare lo stesso gesto che ha fatto Gesù: lavare i piedi. Lo faccio di cuore perché noi sacerdoti dovremmo essere i primi a servire gli altri, non sfruttare gli altri. Il clericalismo alle volte ci porta su questa strada. Ma dobbiamo servire. Questo è un segno, anche un segno di amore per questi fratelli e sorelle e per tutti voi, qui; un segno che vuol dire: “Io non giudico nessuno. Io cerco di servire tutti”. C’è Uno che giudica, ma è un Giudice un po’ strano, il Signore: giudica e perdona. Seguiamo questa cerimonia con la voglia di servire e perdonarci”.

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