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Anche l’indifferenza uccide, non solo le bombe

Stragi di civili, fosse comuni, crimini di guerra. La tremenda lezione della guerra è che ad uccidere non sono solo le bombe ma anche l’indifferenza. “Nemica della pace non è solo la guerra, ma anche l’indifferenza”, insegna papa Francesco. E invece mentre il conflitto in Ucraina semina morte e distruzione, siamo distratti da altro, siamo schiavi dell’egoismo e delle nostre dipendenze. Perciò non stanchiamoci di combattere contro l’egoismo, che ci isola dagli altri e ci rende schiavi delle varie forme di dipendenza, tra le quali quella dai media digitali, che impoverisce i rapporti umani.

Abbiamo l’urgenza di coltivare un’autentica comunicazione umana fatta di incontri reali e non virtuali tra persone. Viviamo giorni di incertezze e sofferenze, legate ancora alla pandemia e alle sue conseguenze in campo psicologico, sociale e religioso che stiamo sperimentando da circa due anni. A queste si aggiungono i drammi della guerra in Ucraina e in altri paesi e le molteplici povertà vecchie e nuove. Il Pontefice ci esorta: “Non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo    a suo tempo mieteremo. Poiché dunque ne abbiamo l’occasione, operiamo il bene verso tutti” (Gal 6,9-10a). La bellezza della nostra vita sta “non tanto nell’avere quanto nel donare, non tanto nell’accumulare quanto nel seminare il bene e nel condividere”.

Seminare il bene ci libera dalle anguste logiche del tornaconto personale e conferisce al nostro agire il respiro ampio della gratuità, inserendoci nel meraviglioso orizzonte del disegno di salvezza del Padre ricco di misericordia e benevolo con tutti.  Per seminare il bene e per raccoglierne i frutti il digiuno prepara il terreno, la preghiera lo irriga, la carità lo feconda. Non stanchiamoci di pregare. Abbiamo bisogno di pregare personalmente e comunitariamente perché abbiamo bisogno di Dio. Quella di bastare a noi stessi è una pericolosa illusione.

Nessuno si salva da solo, perché siamo tutti nella stessa barca tra le tempeste della storia; ma soprattutto nessuno si salva senza Dio, perché solo il mistero pasquale di Gesù Cristo ci dà la certezza della vittoria sul male e sulla morte. La fede non ci sottrae alle tribolazioni della vita, ma permette di attraversarle uniti a Dio in Cristo, con la grande speranza che non delude e il cui pegno è l’amore che Dio ha riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (cfr Rm 5,1-5).  Non stanchiamoci di estirpare il male dalla nostra vita per estirparlo dalla nostra società. A questo ci aiuta il digiuno corporale che fortifica il nostro spirito per la lotta quotidiana contro il peccato e per condividere le privazioni di tante persone colpite dalle guerre, dai cambiamenti climatici e dalle varie forme di povertà. Non stanchiamoci di chiedere perdono nel sacramento della Riconciliazione, sapendo che Dio mai si stanca di perdonare e vuole che anche noi ci apriamo al perdono. Non stanchiamoci di fare il bene nella carità operosa verso il prossimo. Tutta la nostra vita è tempo per seminare il bene, per farci prossimi alle persone bisognose di aiuto sia materiale, che spirituale e culturale. Per cercare, e non evitare, chi è nel bisogno; per chiamare, e non ignorare, chi desidera ascolto e una buona parola; per visitare, e non abbandonare, chi soffre la solitudine.  Il bene, la giustizia, la solidarietà, la pace e l’amore non si raggiungono una volta per sempre, ma vanno conquistati ogni giorno, lasciandoci guidare dal Signore, accogliendo la sua Parola “viva ed efficace” (Eb 4,12). Leggerla, meditarla, pregarla significa preparare il cuore ad amare senza limiti.  Così diventeremo una Chiesa che ascolta, sensibile al soffio dello Spirito. L’ascolto della Parola di Dio e l’ascolto dei fratelli e delle sorelle vanno di pari passo.

La prima fase del Cammino sinodale ci consente, attraverso i “gruppi sinodali”, di ascoltare ancora più da vicino le voci che risuonano dentro di noi e nei nostri fratelli e sorelle vicini e lontani, di tutte le età e di tutte le condizioni sociali. Ascoltare in profondità e in modo empatico tutte queste voci anzitutto fa bene alla nostra Chiesa. Siamo chiamati ad aderire alla realtà presente con pazienza e perseveranza, superando le tentazioni di guardare con nostalgia e rimpianto ad un passato che non torna e un’attesa illusoria di un futuro idealizzato. Il Cammino sinodale sta facendo maturare nelle comunità cristiane un modo nuovo di ascoltare la realtà per giudicarla in modo spirituale e per produrre scelte più evangeliche.

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