Sergio Mattarella è stato eletto per un nuovo settennato alla Presidenza della Repubblica Italiana. La classe politica, nonostante la manifesta volontà del Presidente uscente di ritirarsi, non ha saputo elaborare soluzioni condivise, così negli ultimi giorni abbiamo visto susseguirsi una serie di votazioni infruttuose in Parlamento. Fino alla resa di fronte all’evidenza: l’unica garanzia di stabilità è stata la riconferma di Sergio Mattarella. Quali conseguenze per l’economia e la società? Ne abbiamo parlato con Benedetto Delle Site, 32 anni, imprenditore e Presidente Nazionale del Movimento Giovani UCID (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti), associazione privata di fedeli che dal 1947 riunisce capitani d’impresa, manager del settore privato e pubblico e professionisti i quali ispirano la propria azione ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa.
Da giovani imprenditori e dirigenti cattolici, come valutate la rielezione di Sergio Mattarella?
“Sergio Mattarella, da italiano, da cattolico, ha offerto un grande esempio di quello spirito di servizio che la Dottrina sociale della Chiesa pone a fondamento dell’azione degli uomini impegnati a tutti i livelli nelle Istituzioni. Purtuttavia, si palesa ai nostri occhi l’incapacità delle forze politiche di identificare una nuova figura condivisa. La riconferma indebolisce la credibilità dei partiti ma rafforza l’opera di Mario Draghi e del suo Governo. Quest’opera ora può essere rilanciata, con il sostegno delle espressioni migliori del nostro Paese, anche al di là dei partiti: l’Italia deve fare appello alle sue energie migliori, fra cui l’eccellenza e la visione futura delle nuove generazioni”.
I partiti politici non ne escono proprio bene…
“L’ascesa del Prof. Mario Draghi ha dato inizio ad una forma nuova di politica, dove ai partiti si affiancano i civil servant. Questo potrebbe condurre a derive tecnocratiche è vero, ma può anche rappresentare un segno di attenzione da parte di tutti per il destino del Paese: eccellenze del mondo dell’impresa, dell’università, delle istituzioni finanziarie, delle organizzazioni della società civile possono dare una mano, anche nella conduzione diretta del governo. Il metodo Draghi vede un connubio fra queste energie e quelle della classe politica espressione dei partiti. La Dottrina sociale della Chiesa in questa fase potrebbe essere una bussola per imboccare, anziché la via della tecnocrazia, quella di un nuovo e autentico umanesimo”.
Serve una nuova classe dirigente?
“Serve una governance nuova, almeno fino al 2026 l’Italia sarà alle prese con il PNRR. Si tratta, lo ricordiamo, di debito, che ricadrà sulla nostra e sulle prossime generazioni. Il Governo non può pensare di andare avanti attraverso una pianificazione centralistica, né è possibile agire nell’ottica del breve periodo e del consenso immediato. Qui secondo noi entrano in gioco proprio le nuove generazioni, espressione delle diverse categorie produttive e professionalità, delle molteplici realtà della società civile. La concertazione con le nuove generazioni è la strada obbligata: si tratta di prendere decisioni oggi che impatteranno sul futuro, il nostro. Serve un patto generazionale per cambiare il welfare e il fisco, efficientare e digitalizzare la P.a. e la giustizia, costruire nuove Smart cities, dare vita ad un sistema di istruzione e di formazione più connesso all’ecosistema dell’impresa e dell’innovazione, che consenta ai giovani di mettere a frutto i propri talenti e che non separi la ricerca di reddito e di profitto dall’attenzione per il bene comune e il pieno sviluppo della persona”.
Che ruolo può avere la Dottrina sociale della Chiesa?
“La Dottrina sociale della Chiesa può animare questa stagione e ispirare una nuova classe di leaders: abbiamo visto come la separazione dell’economia dall’etica e dalla morale abbia prodotto un modello di sviluppo che non risponde più ai bisogni dell’uomo. Non esiste l’homo oeconomicus, esiste l’uomo integrale con bisogni materiali, morali e spirituali. Il principio di sussidiarietà può aiutare a superare la crisi attraverso la valorizzazione di tutte le agenzie e i corpi che articolano una comunità, locale, nazionale e persino a livello globale. Occorre poi ridare valore alla famiglia: il calo della natalità è una delle più grandi emergenze e sfide ma nessuno sembra rendersene conto. Secondo l’Istat, rischiamo di regredire ad un Paese di 30 milioni di abitanti in età avanzata. In uno scenario del genere, non terrà il sistema pensionistico e nemmeno terranno i consumi, ma soprattutto mancherà la capacità di innovazione in ogni campo, che è l’apporto tipico delle giovani generazioni alla società. Oggi, d’altronde, sta emergendo una nuova consapevolezza ambientale ma, per evitare che questa consapevolezza imbocchi il vicolo cieco dell’ideologia o di mere operazioni di marketing, essa andrà educata ed indirizzata verso un’ecologia integrale che ricomprenda in sé anche una ecologia dell’umano”.