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Riforma del fisco: la coperta sembra sempre troppo corta

Il governo ha promesso di tagliare le tasse per otto miliardi di euro con i soldi previsti dalla legge di bilancio. Come accade sempre, ognuno dei partiti rassegna una propria proposta, mentre il governo rilancia e riafferma che nei prossimi anni, alla conclusione della messa a punto dei decreti  attuativi della legge delega attualmente all’esame del Parlamento, procederà alla tanto discussa ed agognata riforma fiscale.

Ed intanto il fiorire delle proposte riguarda: ridurre il cuneo fiscale per i lavoratori; ridurre o addirittura eliminare l’IRAP per le imprese; rimodulare le detrazioni; allargare la possibilità per le partite IVA di godere della “flat tax”. Le indiscrezioni ci dicono che i tecnici del tesoro già si esercitano a preparare le singole opzioni in modo da calcolare i costi che devono sottostare alla cifra messa a disposizione di otto miliardi di euro, per prepararsi a confronti e a mediazioni. Comunque è già chiaro che il Ministero della Economia presenterà una proposta come quella della riduzione delle aliquote Irpef da 5 a 4 della rimodulazione degli scaglioni, detrazioni e no tax area, con l’obiettivo di alleggerire il prelievo Irpef per i redditi medi. Dunque se le cose dovessero andare così, le aspettative sul taglio dell’Irpef sarebbero deluse a causa della scelta che si farebbe di assegnare al taglio Irap circa 2 miliardi di euro. Insomma sarebbero frustrate le attese sul calo dell’aliquota del 38% al 34% ma di una contenuta riduzione al 36% così come l’aliquota del 27% la cui riduzione era stata annunciata al 25, andrebbe al 26%. Si capisce che essendo la coperta corta si starebbe scegliendo la logica del “un po’ ciascuno non fa male a nessuno”. Se le cose andassero così, rimarrebbe fuori la promessa delle detrazioni e della no tax area limitata a pensionati ed autonomi.

Quest’ultimo, è  un tema molto spinoso è contraddittorio: in questa area di bassissimi redditi, alla parte bisognosa di attenzioni, si aggiunge abusivamente una parte sempre più consistente di elusori ed evasori che per beffa ai poveri stessi potrebbero, come già succede, persino avvantaggiarsi delle loro illegalità. Eppure la questione fisco è il punto centrale per per l’economia del paese, per la coesione sociale, per l’equità, per combattere l’evasione è l’elusione, le attività illegali e la criminalità organizzata. Il governo, come quelli precedenti, sembra muoversi nella logica di piccoli contentini facendosi scudo della usurata giustificazione della scarsa disponibilità finanziaria.

Ma la questione è di altra natura, e purtroppo, aldilà della presenza di Mario Draghi, le forze politiche continuano a procedere con la loro consueta ambiguità, volendo tutto senza scegliere una graduatoria di priorità con l’intenzione di non perdere neanche la più minuta nicchia di consenso. Ed invece proprio in questo momento di possibile recupero di spazi di crescita, è necessario assegnare allo sforzo economico in atto il potente sostegno della espansione dei consumi interni e della attrazione degli investimenti di operatori economici internazionali e nazionali.

Questi obiettivi si potranno conseguire alle sole condizioni di irrobustire i salari e pensioni attraverso un robusto taglio di tasse per alimentare i consumi, e tasse italiane attrattive per le imprese, che per i pesi ed incertezze odierne pensano ad investire altrove. Finché il fisco sarà concepito come strumento di premio per i propri clienti, non si combatterà la battaglia contro evasori ed elusori, non si sceglieranno sistemi di attenzione a situazioni di buona pedagogia, si favoriranno gli sprechi, si continuerà a porre il fisco contro la buona economia. Comunque speriamo che l’approccio cambi, ma per cambiare è necessario che la pubblica opinione, così distratta da imbonitori della politica e di media poco responsabili, ritrovi il senso dei propri interessi e del proprio ruolo nella Repubblica.

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