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La nonviolenza: la forza della speranza

In occasione della giornata internazionale della nonviolenza, Interris.it ha intervistato Giulia Zurlini Panza, operatrice di pace in zone di conflitto armato con Operazione Colomba

Ci sono molte cause per le quali sono pronto a morire, ma nessuna per cui sono pronto ad uccidere“. Sono parole del Mahatma Gandhi che riassumo alla perfezione la sua dottrina incentrata sulla nonviolenza: un rifiuto assoluto della violenza fisica o verbale, della passivitĆ  e della sottomissione. L’azione nonviolenta non ĆØ solo un metodo di azione, ma un vero e proprio stile di vita con il quale si cerca diĀ raggiungere obiettivi sociali o cambiamenti politici e, soprattutto, perseguire la veritĆ .

La giornata internazionale della nonviolenza

Il 2 ottobre, data di nascita del Mahtma Gandhi, si celebra la giornata internazionale della nonviolenza, promossa dall’Assemblea delle generale delle Nazioni Unite il 15 giugno 2007 e celebrata per la prima volta il 2 ottobre 2007. La risoluzione dell’Assemblea generale chiede a tutti i membri delle Nazioni Unite di “divulgare il messaggio della nonviolenza, anche attraverso l’informazione e la consapevolezza pubblica”.

Un corpo Nonviolento di Pace

L’Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace della ComunitĆ  Papa Giovanni XXIII, fondata dal Servo di Dio don Oreste Benzi, ĆØ un’esperienza aperta a tutti coloro che vogliono sperimentare la nonviolenza in zone di conflitto e che credono nella capacitĆ  di cambiamento dellā€™uomo. Operazione ColombaĀ nasce nel 1992Ā dal desiderio di alcuni volontari e obiettori di coscienza della ComunitĆ  Papa Giovanni XXIII, diĀ vivere concretamente la nonviolenza in zone di guerra. Inizialmente ha operato in ex-Jugoslavia dove ha contribuito aĀ riunire famiglieĀ divise dai diversi fronti,Ā proteggereĀ (in maniera disarmata)Ā minoranze, creare spazi diĀ incontro,Ā dialogoĀ eĀ convivenza pacifica. In oltre 25 anni di intervento, Operazione Colomba ĆØ riuscita a coinvolgere oltre 2.000 volontari e piĆ¹ di 50.000 persone hanno beneficiato del suo operato in molti Paesi: Croazia, Serbia, Bosnia ed Erzegovina, Albania, Sierra Leone, Timor Est, Congo, Chiapas (Messico), Cecenia (Russia), Palestina ā€“ Israele, Uganda, Colombia, Libano (al fianco dei profughi siriani).

Foto Archivio Operazione Colomba

L’intervista

Per capire meglio cosa sia la nonviolenza, come metterla in pratica, Interris.it ha intervistato Giulia Zurlini Panza, operatrice di pace in zone di conflitto armato con Operazione Colomba, attualmente impegnata nellā€™ambito della comunicazione e raccolta fondi.

Giulia, cosa si intende per nonviolenza?

“Quando parliamo di nonviolenza, viene subito in mente l’accezione di non violenza. Si ĆØ molto dibattuto su questo termine, per cercare di dargli quella valenza originaria che deriva dal sanscrito e asserisce al concetto gandhiano, basandosi sul principio moraleĀ ahimsa, che in sanscrito significa ‘non nuocere’, e sul principio etico-politico satyagraha (ā€œforza della veritĆ ā€). Per Gandhi, questo significa affidare l’avversario alla giustizia, all’amore e alla veritĆ , in fermezza. E’ un concetto molto denso, reso in italiano dal termine ‘nonviolenza’. In automatico verrebbe da pensare a una forma passiva, invece ĆØ una forza profondamente attiva, perchĆ© sottintende una lotta fatta non con la forza fisica, ma con quella morale che deve essere allenata e addestrata. E’ una forza che possiamo incrementare con alcune pratiche, come la preghiera, la meditazione, dalla quale poi partono tutte le lotte contro le ingiustizie”.

Stupisce molto come al giorno d’oggi, in particolare i giovani, facciano sempre piĆ¹ ricorso alla violenza… a volte arrivando anche ad uccidere. Cosa fare per evitare questo?

“Sui motivi per cui, magari in seguito a uno scatto d’ira, si fa ricorso alla violenza, mi viene da pensare che ci siano dei fattori sociali che possono influire. Dovremmo interrogarci molto sulla societĆ  che abbiamo prodotto, guardarla con occhio critico e vedere cosa si possa modificare. A questo si aggiunge la storia personale di ognuno che puĆ² essere piĆ¹ o meno drammatica, ci possono essere delle ferite aperte. Fattori che confluiscono in una societĆ  ‘schizofrenica’. La rabbia c’ĆØ, sarebbe importante che ognuno riuscisse a capire da dove proviene. Detto questo, la cosa piĆ¹ importante, oltre a rielaborarla, ĆØ offrire delle alternative su come utilizzare la rabbia. Per Gandhi la rabbia era un motore importantissimo nella lotta contro le ingiustizie, non era qualcosa da nascondere o reprimere, ma da utilizzare. Anzi, sosteneva che se in una societĆ  c’era rabbia per le ingiustizie era un indice di salute. A questo punto bisogna individuare cosa causa questo sentimento e incanalarlo nella giusta direzione, e combattere nel modo giusto, senza causare ulteriore dolore. Come offrire delle alternative alla violenza? Attraverso dei punti di ascolto, della formazione sulla nonviolenza, magari anche nelle scuole, offrire alle persone degli spunti attraverso i quali riescano a incanalare costruttivamente la rabbia. La nonviolenza ha una chance molto grande nel riuscire in questo senso. Ci vuole un investimento forte, anche da parte della societĆ : per creare degli strumenti alternativi sono necessari dei piani piĆ¹ strutturati all’interno di programmi scolastici o extrascolastici, di gruppi informali o nelle universitĆ ”.

Foto Archivio Operazione Colomba

La ComunitĆ  Papa Giovanni XXIII ha un suo Corpo Nonviolento, l’Operazione Colomba, che opera in diversi Paesi. Quali sono i suoi obiettivi?

“Operazione Colomba ĆØ nata dall’esperienza di alcuni volontari che, nel 1992, sono partiti per il fronte croato, dove imperversava la guerra, per vedere cosa stava succedendo. Li spingeva la volontĆ  di provare a fermare la guerra attraverso la nonviolenza. Quello che hanno scoperto dal 1992 ad oggi ĆØ che la vita di civili internazionali ha un peso altissimo al fianco di altri civili che vivono in zone di guerra. Non solo diminuiscono le violazioni di diritti umani che vengono commesse in loco, ma salvaguarda la vita di queste persone. Il vivere e il condividere la nostra vita al fianco di civili in zone di guerra ĆØ un deterrente contro la violenza. Questo viene anche perchĆ© ci si dota di report, relazioni, macchine fotografiche e videocamere per denunciare dal vivo quello che sta accadendo. Allo stesso tempo, questa presenza, ĆØ un sostegno per quanti in zona di guerra hanno giĆ  scelto la nonviolenza. In piĆ¹, attraverso le scorte civili – accompagnamenti non armati fatti da noi operatori – garantiamo un maggior livello di incolumitĆ  a persone che sono bersaglio di violenza. Inoltre, laddove ĆØ possibile, si lavora per la riconciliazione, creando degli spazi neutri dove le parti in conflitto si possono incontrare e dialogare”.

Qual ĆØ la forza della nonviolenza?

“Secondo me ĆØ la forza della speranza. La nonviolenza offre una speranza concreta di cambiamento della situazione”.

Come Papa Francesco ha affermato, nel nostro mondo sembra essere in atto una terza guerra mondiale ma a pezzi. Secondo te, ĆØ possibile costruire la pace?

“Sembra sempre impossibile finchĆ© non viene realizzato, diceva Mandela. La non violenza insegna che bisogna destrutturarsi per cambiare le cose. Abbattere le strutture che ognuno di noi si ĆØ creato nel tempo. Bisogna anche ricominciare a credere che l’impossibile puĆ² diventare possibile”.

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