I “mea culpa” del Giubileo del 2000 favorirono un cambiamento di clima, di mentalità, rispetto a un passato in cui prevaleva il contrasto, la condanna. Non solo, ma, contribuendo ad appianare molte delle antiche incomprensioni, testimoniarono la volontà di Roma di andare avanti sulla strada dell’ecumenismo, del dialogo con le altre Chiese cristiane, con le altre religioni. “Riconoscere i cedimenti di ieri è atto di lealtà e di coraggio che ci aiuta a rafforzare la nostra fede”, diceva Giovanni Paolo II. In altre parole, fare i conti con il passato senza paura.
A colpire molti, era il “risvolto” costruttivo delle denunce, pur severe, che Giovanni Paolo II faceva a riguardo delle responsabilità storiche dell’istituzione ecclesiastica. Come dire che, proprio a partire da una revisione autocritica delle vicende del passato, sarebbe stato possibile avviare una profonda trasformazione di vita nella comunità cattolica. E poi, a colpire, era anche quel perdono a senso unico, senza chiedere assolutamente nulla, senza doversi aspettare niente in cambio. Appunto perché, per Karol Wojtyla, la gratuità del gesto era la condizione indispensabile, assoluta, per la sua credibilità, per la sua efficacia. E invece, c’erano importanti uomini di Chiesa, compresi diversi cardinali, e non pochi dirigenti della Curia romana, i quali continuavano a mostrarsi critici nei riguardi di quella novità wojtyliana.
Tutta la Sacra Scrittura, e specialmente il Nuovo Testamento, mettono in luce la grandezza e la profondità del perdono di Dio; ma evidentemente era qualcosa che non faceva ancora parte del bagaglio culturale e, prima ancora, della vita di fede, di parecchi ecclesiastici. Prova ne sia che alcuni episcopati ci metteranno degli anni, prima di uscire da quello che uno storico aveva definito «ossequioso silenzio», e cioè prima di trovare il coraggio di riconoscere apertamente le loro mancanze, le scandalose compromissioni con i poteri temporali. E tuttavia, con il passare del tempo, i “mea culpa” cominciarono a far breccia nelle perplessità, nelle resistenze.