Un aspetto rilevante, al di fuori di quelli strettamente sanitari e che ci coinvolge quasi quotidianamente nel corso di queste successive ondate, è la “stanchezza da pandemia”, che in alcune persone può dare luogo a comportamenti scorretti dal punto di vista epidemiologico con disattenzioni e mancato rispetto delle regole, e aumento di rischio per la collettività. È un fenomeno non infrequente in situazioni drammatiche come pandemie e guerre: ad esempio, nel corso della Seconda guerra mondiale le persone stanche dei bombardamenti non andavano più nei rifugi, per una sorta di rassegnazione e di fatalismo.
Vi sono anche aspetti di natura psicologica, emersi specie in questi ultimi mesi, che riguardano l’aumento della violenza intra-familiare riportato nel corso del lockdown in vari Paesi del mondo, la negazione della pericolosità del virus che porta al mancato rispetto delle regole di prevenzione o la convinzione da parte di alcuni di possedere una sorta di immunità personale nei confronti del virus. Essendo ancora nel mezzo della pandemia, è difficile prevedere ciò che avverrà quando questa sarà passata; si può tuttavia ricordare (senza che ciò debba accadere anche per Covid-19) che, terminata la disastrosa pandemia spagnola, seguita agli eventi bellici della Prima guerra mondiale, c’è stato nel mondo un periodo di “ubriacatura” di spensieratezza e di voglia di vivere.
È stato il periodo dei cosiddetti Roaring Twenties, i ruggenti anni Venti che, anche con la musica, volevano lasciarsi alle spalle la tanta disperazione vissuta prima con la guerra e poi con la pandemia. C’è una comprensibile attesa per il raggiungimento della herd immunity, immunità di gregge, cioè la protezione almeno dell’80% della popolazione italiana. Questo dovrebbe consentire, svincolandoci progressivamente dalle limitazioni attualmente in vigore, di riprendere una vita normale.
Personalmente credo che questa normalità verrà sicuramente raggiunta anche se non tutto tornerà come prima. Dovremmo far tesoro della lezione impartita da questa pandemia per avere maggior rispetto dell’ambiente da cui possono derivare nuove emergenze sanitarie; per considerarci parte di un mondo in cui la propria salute non può prescindere da quella degli altri; per impiegare al meglio tutte le competenze informatiche acquisite, ad esempio nella didattica a distanza o nello smartworking; per riconoscere il valore della scienza come unico baluardo nei confronti di eventuali future emergenze. Se sapremo far tesoro di questa lezione imparata a durissimo prezzo, potremo, come dice papa Francesco, uscire migliorati da questa pandemia.