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Lo smarrimento politico e morale di fronte alla crisi afghana

Fonte: Avvenire

Dopo l’orribile strage dell’aeroporto di Kabul si è reso ancora più evidente lo smarrimento politico e morale che ha travolto il mondo di fronte alla crisi afghana. Troppe contraddizioni si erano e si sono rese evidenti. La prima: se è vero, come ha detto Biden, che l’obiettivo degli americani era la sconfitta di Al Quaeda e la cattura – e uccisione – di Osama Bin Laden, allora sarebbero dovuti andar via dieci anni fa. Invece ritirarsi dopo 20 anni senza essere riusciti a stabilizzare quel Paese equivale a un fallimento acclarato.

Siamo stati di fronte a una totale assenza di capacità strategica e politica nella gestione dell’Afghanistan. Da come sono andate e stanno andando le cose, è evidente che nelle negoziazioni per l’accordo di pace bilaterale raggiunto a Doha nel febbraio 2020 e firmato dal segretario di Stato americano Mike Pompeo e in rappresentanza dei talebani da Abdul Ghani Baradar, da parte delle forze occidentali non è stata posta nessuna condizione per garantire la sicurezza dopo il ritiro. Neppure le cancellerie europee hanno chiesto conto delle trattative in corso. Perciò le loro polemiche di oggi non sono giustificate.

Purtroppo mi sembra che questo sia un ulteriore esempio di come il mondo si accorga delle cose che non vanno solo quando esse sono già avvenute, mentre la politica dovrebbe essere in grado di intervenire con tempestività e prontezza per creare in anticipo le condizioni migliori. La risposta europea alla crisi di quel Paese avrebbe dovuto esserci prima: adesso c’è solo da pensare alla sicurezza privata e collettiva delle decine di migliaia di persone afghane che hanno creduto nella missione occidentale. Va fatto il possibile per aiutare chi ha collaborato con la coalizione e tutte quelle persone che avvertono l’insopportabilità della svolta politica dei talebani. L’accoglienza è ora il minimo per riparare ai nostri errori.

Il bel gesto del giovane console italiano di Kabul che aiuta il bambino nell’aeroporto ci ha emozionato, ma purtroppo ci fa ricordare quanto il mondo sia sempre più indifferente al tema dei diritti umani. La nostra emotività verso le situazioni dei popoli offesi si accende e si spegne al ritmo del telegiornale e ciò che non vediamo sullo schermo è come se non esistesse. Oggi guardiamo ai volti afghani, ma nel mondo si perpetrano violazioni dei diritti in tantissimi Paesi senza che noi ce ne diamo cura.

Alzi la mano nel mondo la classe dirigente o l’opinione pubblica che possa davvero dire di credere ancora nei diritti umani. Per di più se gli Stati Uniti si rifugiassero definitivamente nell’isolazionismo, sarebbe arduo che qualche altro Paese possa diventare protagonista per riaccendere la fiammella dei diritti. L’Europa finora non ha saputo o voluto agire da protagonista sulla scena mondiale.

Di fronte a quello che sta accadendo in Afghanistan, tutto il mondo –  comprese Russia e Cina – deve essere coinvolto per determinare le norme dell’accoglienza e cercare di risolvere la crisi nell’area. Più Stati saranno coinvolti alla ricerca di una via d’uscita e meglio sarà.

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