“Il Panshir rimane un grande punto interrogativo in termini di cosa succederà. E’ l’unica zona in cui i talebani non hanno messo piede. Le persone che abitano a valle si sono autorganizzate. In questo momento in quella zona non ci sono scontri: c’è una sorta di guerra fredda tra gli abitanti e i talebani, che non entrano nella valle.
Ci aspettiamo possibili scontri nei prossimi giorni e ci stiamo organizzando in termini di spazio e risorse umane per far fronte ai flussi dei feriti di guerra”. Così in un briefing con la stampa Alberto Zanin, coordinatore medico del Centro per feriti di guerra di Emergency nella capitale dell’Afghanistan.
.@rossmiccio "Siamo estremamente preoccupati per i civili afgani, stremati da oltre 40 anni di guerra. Queste persone non vanno abbandonate: continuiamo a rimanere per curare le vittime, nonostante la situazione di attesa e incertezza." #Afghanistan https://t.co/Vc8zMn0qDk
— EMERGENCY (@emergency_ong) August 19, 2021
La storica resistenza del Panshir
Il Panshir (o Panjshir) è una provincia dell’Afghanistan, che ha come capoluogo Bazarak. È l’area nella quale il generale Massoud – famoso leader tagiko – resistette alle offensive sovietiche nel corso dell’invasione dell’Afghanistan.
Fu anche una delle pochissime province afghane a non sottomettersi al dominio talebano, resistendo fino all’uccisione di Massoud e al successivo intervento militare statunitense, sviluppatosi in seguito agli attacchi dell’11 settembre 2001. Nel Panshir, nella città di Anabah, c’è un centro medico chirurgico di Emergency.
“Blitz dei talebani nelle case degli attivisti”
“Abbiamo notizie ufficiose di talebani che entrano nelle case di ex attivisti, artisti e persone che si erano schierate in passato contro il regime talebano. I talebani entrerebbero nelle case di privati per cercare armi e documenti, che possono rovinare la loro reputazione in città”. Zanin specifica che “su questo ci sono solo rumours, non abbiamo notizie dirette”.
Diecimila all’aeroporto Kabul in cerca di un volo
“Ieri sono arrivati nuovi feriti da arma da fuoco dall’aeroporto di Kabul, in tutto cinque o sei persone. Gli scontri in aeroporto sono una realtà ancora viva e presente: è l’unico posto in cui continua ad esserci caos e tensione. Si parla di diecimila persone che cercano di prendere voli di evacuazione. I pazienti feriti – conclude Zanin – che arrivano dall’aeroporto nel nostro ospedale non hanno voglia di parlare in merito a quanto gli è accaduto”.