Prosegue il repulisti del Presidente tunisino Kais Saied. Dopo le decisioni inaspettate di domenica sera con le quali ha congelato il parlamento per 30 giorni e cacciato il premier Mechichi, Saied ha licenziato per decreto anche una ventina di alti funzionari governativi e il procuratore generale militare Taoufik Ayouni.
Tra i silurati eccellenti ci sono il segretario generale del governo, Walid Dhahbi e il presidente del Comitato generale dei martiri e dei feriti della rivoluzione e degli atti terroristici, Abderrazek Kilani.
L’articolo 80 della Costituzione tunisina infatti assegna a Saied – giurista di formazione – il potere di sospendere Parlamento, governo, stampa, emittenti tv per non più di 30 giorni in caso di “pericolo grave e malfunzionamento”.
Arabia Saudita: “La comunità internazionale sostenga la Tunisia”
Se ieri la Ue ha richiamato il Presidente a “ripristinare l’ordine istituzionale“, oggi Saied incassa il plauso dell’Arabia Saudita. “Sosteniamo tutto ciò che garantisce la sicurezza e la stabilità della Tunisia e siamo certi della capacità della Tunisia di superare la situazione attuale e di garantire una vita dignitosa al suo popolo”. Lo si legge in un comunicato del ministero degli Esteri saudita sulla situazione in Tunisia, rilanciato dai media locali. “L’Arabia Saudita invita anche la comunità internazionale a stare al fianco della Tunisia in queste circostanze per affrontare le sue sfide sanitarie ed economiche”.
La rivoluzione dei gelsomini
La Tunisia non è nuova alle rivolte anti governative. Una rivoluzione popolare portò infatti alla caduta del vecchio regime. Nello specifico, la Rivoluzione tunisina del 2010-2011, nota altresì nella stampa occidentale come Rivoluzione dei Gelsomini, fu una serie di proteste e sommosse popolari in numerose città della Tunisia avvenute tra il 2010 ed il 2011, nel contesto della primavera araba.
Le motivazioni delle proteste che portarono alla caduta del vecchio regime sono da ricercarsi in disoccupazione, rincari alimentari, corruzione e cattive condizioni di vita. Le proteste, iniziate nel dicembre 2010, costituiscono la più drammatica ondata di disordini sociali e politici in tre decenni e hanno provocato decine di morti e feriti per i tentativi di repressione. Ma anche un nuovo governo. Lo stesso che oggi il presidente Saied sta epurando per la “troppa corruzione“.