Su il sipario. Scatta dall’Olimpico di Roma Euro 2020, la rassegna itinerante voluta dall’Uefa per festeggiare i sessant’anni dell’Europeo. E sarà un bel vedere. Un anno dopo, della serie, scusate il ritardo, complice una pandemia che ha messo in ginocchio il mondo, non solo quello del pallone. Ripartenza in grande stile, con l’entusiasmo dei giorni migliori perché Euro 2020 vuole essere soprattutto una finestra aperta sul futuro. La gente che ritorna allo stadio sia pur in misura ridotta, ma è un bel calcio agli stadi vuoti e agli assordanti silenzi nei quali ha vissuto l’ultimo anno il mondo del calcio.
Ventiquattro squadre al via, undici Paesi e altrettante città, in un clima che vuole essere soprattutto di festa. Si comincia subito forte perché è vietato sbagliare. Il circo si rimette in moto da Roma, gara inaugurale tra Turchia e Italia, si chiude tra un mese esatto a Wembley dove il governo britannico vuole aprire le porte del suo impianto, al massimo della capienza. Speranze e ambizioni che si fondono insieme in attesa del calcio d’inizio che segnerà il solco tra il sogno e la realtà. Roma, Londra, Monaco di Baviera, Amsterdam, Baku, Bucarest, Budapest, San Pietroburgo, Siviglia, Copenaghen e Glasgow: silenzio, si gioca.
Sei gironi, le prime due agli ottavi più le quattro migliori terze. Il gruppo di ferro, quello F, con i campioni del mondo della Francia, quelli d’Europa uscenti del Portogallo e la Germania, sortilegio dell’urna di Bucarest che ha messo insieme tre potenziali finalisti. Ma ovunque, si sogna. C’è il Belgio che continua a crescere in maniera esponenziale con super Lukaku, l’Olanda dei giovani ma ambiziosa, l’Inghilterra che vuole ribadire i suo ruolo dopo l’ottimo mondiale di tre anni fa in Russia, la Croazia che a Mosca è arrivata all’atto finale, la Spagna.
E poi c’è l’Italia. Roberto Mancini ha fatto un lavoro straordinario, capace di dare spazio e valorizzare i giovani. L’Italia si affida al gruppo che è forte, solido e compatto. E’ arrivato in finale di Nations League, da otto gare non subisce reti, ma Roberto Mancini sa esaltare il collettivo. Turchia, Svizzera e Galles non sono avversari facili, ma l’Italia avrà il beneficio di affrontarli nell’Olimpico di casa, davanti alla sua gente, con un sostegno che sa produrre adrenalina. L’obiettivo, lo ha ribadito il presidente Gravina, è quello di arrivare a Londra, strizzando l’occhio a quella finale che manda dal 2000 in Olanda. Il massimo sarebbe riportare a casa quella Coppa che abbiamo solo una volta, proprio all’Olimpico, nel 1968, quel 2-0 alla Jugoslavia che per adesso fa la storia.
L’Italia vuole esserci. Lo ha dimostrato in questi anni, gioca bene e si diverte, con la forza dei nervi distesi, con la consapevolezza di aver acquisito la giusta maturità. Un mix tra l’esperienza dei senatori e l’esuberanza delle nuove leve. Il tutto sotto la direzione di un maestro d’orchestra come Roberto Mancini, che dal suo arrivo è tornato a far innamorare gli italiani della squadra di calcio nazionale.
E allora andiamo a cominciare, senza sogni, rimanendo con i piedi per terra, ma inquadrando l’obiettivo. Prendiamoci per mano e camminiamo insieme. Destinazione Londra. Forza Azzurri, l’Italia chiamò.