“Mai quanto adesso il mondo del lavoro è un cantiere aperto”, spiega a Interris.it Andrea Famiglietti. Manager delle risorse umane ha una ventennale esperienza di vertice in multinazionali dell’automative e della siderurgia. Il Rapporto Italia dell’Eurispes racconta un lavoro “trasformato” in una società impoverita. Descrive la nascita di nuovi mestieri. E la trasformazione (o la scomparsa) di quelli esistenti. Per analizzare la metamorfosi in atto, Interris.it ha intervistato l’uomo d’industria modenese. Esperto di “human resources” con formazione giuridica. Si è occupato di gestione del personale in Piemonte, Emilia Romagna, Lombardia, Umbria e Marche. Andrea Famiglietti è autore di documentati e apprezzati libri sulla vita d’impresa. Come “Correndo con il diavolo. Anime in saldo al mercato del lavoro” (Aldenia).Il mondo del lavoro è attraversato da profonde trasformazioni. Quali sono le conseguenze sociali ed economiche sulla vita individuale e collettiva di milioni di italiani?
“Il rapporto Eurispes descrive un orizzonte che sarà inevitabilmente trasformato dall’evoluzione tecnologica. Anche se questo interesserà alcuni settori più di altri. E con tempistiche che non saranno le stesse per tutti. Ma questo è un fattore che non può giustificare lassismi eccessivi. Tra i vari ambiti, penso alla tanto caldeggiata rivoluzione dell’’automotive’ elettrico. Non vedo ad esempio come nel nostro paese si possa incentivare questa evoluzione dei trasporti. Con gli ancora troppo scarsi investimenti per le centraline di rifornimento elettrico. Che dovranno essere presenti capillarmente sulle strade. Sulle autostrade. E nelle città”.Ciò cosa comporta?
“La trasformazione della società coinvolge non solo il mondo industriale e produttivo. Ma anche quello dei servizi e delle infrastrutture. E se non c’è armonia tra questi due motori di sviluppo le conseguenze sociali potranno essere molto pesanti. Invece che essere gestite al meglio con la creazione di nuovi mestieri, come accadde, ad esempio, nei primi due decenni del secondo dopoguerra”.Il cambiamento riguarda ambiti molteplici del mercato del lavoro. Quali in particolare?
“Sicuramente il mondo dei servizi. Ma anche tutti i settori industriali costruiti sul concetto di “tackt-time”. Ovvero sul principio del ‘tempo ciclo’. Che crea il ritmo. La cadenza della linea di montaggio. L’automazione e la robotizzazione dei processi aumenterà il risparmio sul costo del lavoro. Rendendo la manodopera sempre meno necessaria alla produzione industriale. Almeno in occidente. Dove l’attenzione al principio della sostenibilità proteggerà l’uomo dalle conseguenze pericolose di uno sviluppo sregolato. Ma al tempo stesso lo allontanerà dal ciclo produttivo manuale”.In che modo?
“Attraverso investimenti massicci in tecnologie che annulleranno e diminuiranno gli impatti ambientali. Inoltre la pandemia ha dimostrato come il contatto umano possa essere sostituito dal lavoro in ‘remoto’. Rendendo meno cruciale in molti ambiti tradizionalmente impiegatizi la presenza sul luogo di lavoro. Un po’ perché le informazioni sono oggi disponibili con modalità ‘on-line’. E un po’ perché ci stiamo avviando lentamente verso un mercato del lavoro diverso”.Cioè?
“Un mercato del lavoro nel quale i ‘colletti bianchi’ saranno valutati ed ingaggiati in base ai risultati. E sempre meno sul tempo di presenza in ufficio. Retaggio di un’epoca in cui il controllo dei propri dipendenti era un pilastro. Specialmente in realtà padronali”A risultare trasformata è soprattutto la tipologia contrattuale. A cosa è dovuta la progressiva diminuzione dei tradizionali contratti a tempo indeterminato a favore di forme contrattuali alternative?
“La contrattualistica del lavoro interpreta le esigenze del mercato del lavoro. E del suo adattarsi alle modalità produttive in costante cambiamento. Siamo incamminati verso un mondo produttivo ormai dominato dalla filosofia di ‘lean production’. Perciò anche la contrattualistica dovrà essere snella. Garantendo maggiore flessibilità alle aziende. Sia in entrata che in uscita. Veniamo da un mondo in cui il posto fisso ed il contratto a tempo indeterminato erano la base per la propria progettualità esistenziale”.Non sarà più così?
“E’ un modello ormai tramontato. E la fluidità dei rapporti di lavoro riflette anche quella dei rapporti personali. La somministrazione del lavoro e lo ‘staff leasing’, per esempio, sono due strumenti ormai consolidati. Che dimostrano come il matrimonio tra azienda e dipendente sia sempre meno diffuso”.Quali effetti ha nell’organizzazione aziendale lo “skill mix” dei lavoratori? Siamo già in una fase di mutazione nella domanda di competenze e caratteristiche delle professioni?
“Lo ‘skill mix’ rimanda al concetto di polivalenza. Personalmente sono affezionato all’articolo 2103 del codice civile. Nel passaggio in cui consente ai datori di lavoro di spostare ‘a mansioni equivalenti’ un dipendente. Questo permette di avere una maggiore interscambiabilità. Tra le diverse funzioni di un’azienda. Senza che si rischino ipotesi di demansionamento. La legge accoglie così l’esigenza di poter variare le competenze dei dipendenti. E le loro professioni. In maniera graduale. E coerente con le richieste del mercato. A condizione, ovviamente, di investire nella formazione continua dei propri dipendenti”.Può farci un esempio?
“Assumere oggi per una posizione ‘x’ non significa, purtroppo o per fortuna, che il neo-dipendente rimanga lì a vita. In quest’ottica l’adattabilità e la resilienza dei candidati, saranno qualità che in un percorso di selezione saranno sempre più cruciali. Unite alla curiosità intellettuale”.