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La pandemia non ha mai interrotto l’adorazione perpetua

In questo periodo di pandemia è continuata con fedeltà l’adorazione perpetua in tante chiese italiane. Ciò è innanzitutto frutto della grazia di Dio e dell’opera dello Spirito santo a cui ha risposto la fedeltà di coloro che, come i primi cristiani di Antiochia, hanno trovato vie nuove ed originali per testimoniare la propria fede nel Signore Gesù. Lo Spirito Santo genera sempre nuovi credenti e crea luoghi nuovi (reale e virtuali) di incontro tra Gesù e le persone. Gesù ci promette che siamo nelle sue mani, in mani sicure, che solo in lui riceviamo la vita eterna.

Gesù, oggi, ci dice che niente ci strapperà dal suo abbraccio. Non la pandemia, non il dolore, non le difficoltà economiche, non la nostra fragilità, non il peccato, non la malattia, nemmeno la morte, nulla ci può separare dall’amore di Dio che Gesù ci ha dimostrato donando la sua vita per noi. Il sacramento dell’eucaristia ci dice che c’è uno che è morto per noi perché ci ama di un amore infinito. Il suo amore non è un punto lontano del passato ma una linea continua, che richiede la nostra fedeltà al suo amore. Attraverso l’Eucaristia noi entriamo in comunione vitale con Gesù, medico delle anime e dei corpi, siamo liberati dalla solitudine, dall’angoscia e dalla precarietà, siamo strappati dalla nostra condizione mortale e introdotti nel mistero della vita divina per l’eternità.

Ci prostriamo dinanzi a un Dio che per primo si è chinato verso l’uomo, come Buon Samaritano, per soccorrerlo e ridargli vita, e si è inginocchiato davanti a noi per lavare i nostri piedi sporchi. Adorare Gesù Cristo, fattosi pane spezzato per amore, è il rimedio più valido e radicale contro ogni forma di paura e di solitudine, perché abbiamo la certezza che Gesù è sempre con noi e non ci abbandona neanche nei momenti bui. Inginocchiarsi in adorazione di fronte al Signore Gesù Cristo, fattosi pane spezzato per amore, è il rimedio più valido e radicale contro le idolatrie di ieri e di oggi. Inginocchiarsi davanti all’Eucaristia è professione di libertà: chi si inchina a Gesù non può e non deve prostrarsi davanti a nessun potere terreno, per quanto forte. Noi cristiani ci inginocchiamo solo davanti al Santissimo Sacramento, perché in esso sappiamo e crediamo essere presente l’unico vero Dio, che ha creato il mondo e lo ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito (Gv 3,16).

L’adorazione è preghiera che prolunga la celebrazione e la comunione eucaristica e in cui l’anima continua a nutrirsi: si nutre di amore, di verità, di pace; si nutre di speranza, perché Colui al quale ci prostriamo non ci giudica, non ci schiaccia, ma ci libera e ci trasforma. La nostra comunione con Cristo nell’eucaristia è la base della nostra comunione fra di noi. Ha detto Benedetto XVI: “Chi riconosce Gesù nell’Ostia santa, lo riconosce nel fratello che soffre, che ha fame e ha sete, che è forestiero, ignudo, malato, carcerato; ed è attento ad ogni persona, si impegna, in modo concreto, per tutti coloro che sono in necessità. Dal dono di amore di Cristo proviene pertanto la nostra speciale responsabilità di cristiani nella costruzione di una società solidale, giusta, fraterna”. E “l’ostia consacrata – ha detto papa Francesco – racchiude la persona del Cristo: siamo chiamati a cercarla davanti al tabernacolo in chiesa, ma anche in quel tabernacolo che sono gli ultimi, i sofferenti, le persone sole e povere”.

L’amore per il prossimo, l’attenzione alla giustizia e ai poveri sono espressione di una concezione della moralità cristiana che si fonda sull’Eucaristia fonte e culmine della nostra vita. In questo modo l’Eucaristia ci rende membri del Corpo di Cristo e ci aiuta a contemplare in Cristo il cuore del mondo, il volto visibile del Padre ricco di misericordia e si rivela come la sorgente della missione. Nell’Eucaristia Gesù offre sé stesso come forza spirituale per aiutarci a mettere in pratica il suo comandamento – amarci come Lui ci ha amato –, costruendo comunità accoglienti e aperte alle necessità di tutti, specialmente delle persone più fragili, povere e bisognose. Quindi facciamo nostra l’invocazione dei discepoli di Emmaus: “Resta con noi Signore perché si fa sera”. E chiediamogli di vivere ogni giorno una “vita eucaristica”, per infiammare il mondo con il fuoco dell’amore di Dio. 

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