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Card. Montenegro: “Beato Livatino, ecco chi era il giudice che viveva Sub Tutela Dei”

Il Cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento in un'intervista esclusiva sul giudice Rosario Livatino, il primo magistrato beato della storia della Chiesa

Oggi il giudice Rosario Angelo Livatino viene proclamato beato: ĆØ il primo magistrato beato della storia della Chiesa. Fu assassinato sulla strada che conduce da CanicattƬ ad Agrigento il 21 settembre 1990, allā€™etĆ  di 37 anni, dai mafiosi della ā€œStiddaā€, organizzazione criminale di stampo mafioso attiva nell’Agrigentino.

Del ā€œgiudice ragazzinoā€, la Santa Sede ha riconosciuto il martirio ā€œin odium fideiā€. Il postulatore della causa di beatificazione, lā€™arcivescovo agrigentino Vincenzo Bertolone, in una recente intervista rilasciata per In Terris, ha detto di essere rimasto conquistato dal monito che emana il martirio del giovane, cioĆØ “il dovere di amministrare fino allā€™ultimo la giustizia come esigenza intrinseca della fede e dellā€™apostolato cristiano. Livatino testimoniĆ² con il sangue e confermĆ² con la vita il Vangelo che viveva”.

Rosario Livatino e il ritrovamento del cadavere, il 21 settembre 1990

La prova in odium fidei

Nei decreti autorizzati da Papa Francesco ĆØ stato riconosciuto il martirio del magistrato siciliano ucciso dalla mafia nel 1990. La prova del martirio ā€œin odio alla fedeā€ ĆØ arrivata anche grazie alle dichiarazioni rese da uno dei quattro mandanti dellā€™omicidio. Il pentito ha testimoniato durante la seconda fase del processo di beatificazione, aperta il 21 settembre 2011. Grazie a quelle dichiarazioni ĆØ emerso che chi ordinĆ² quel delitto conosceva quanto Livatino fosse retto, un uomo di fede. E per questo non corruttibile. Andava quindi ucciso.

La beatificazione si tiene nella cattedrale di Agrigento oggi, 9 maggio, anniversario della visita di san Giovanni Paolo II nella cittĆ  dei templi. La santa Messa ĆØ presieduta dal Cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento che, per l’occasione, ha rilasciato a In Terris un’intervista esclusiva sulla figura del nuovo beato.

Il Card. Montenegro con Papa Francesco

L’intervista al Cardinale Francesco Montenegro

Eminenza, del ā€œgiudice ragazzinoā€, la Santa Sede ha riconosciuto il martirio ā€œin odium fideiā€. PerchĆ©?
“Mi chiami don Franco – esordisce il cardinale raggiunto telefonicamente per l’intervista – il mio nome ĆØ Francesco, ma mia madre per risparmiare mi chiamava Franco! Rosario Livatino verrĆ  beatificato in odium fidei perchĆ© viene spesso considerato solo un martire della giustizia. Ma lui ĆØ stato ucciso per la sua testimonianza di fede. Fu la fede che fece di lui un uomo retto: non cedeva a nessun compromesso e questo dava fastidio a certe persone. E’ per la sua fede, che poi si manifestava concretamente nel suo servizio alla giustizia, che ĆØ stato eliminato”.

Che rapporto c’ĆØ tra fede e giustizia?
“La fede fa vivere la propria professione e il proprio servizio in maniera retta. E lui cercava di concretizzare il Vangelo lƬ dove si trovava. Era un esperto di codice civile e penale perĆ², nella sua professione, ha sempre tenuto conto delle linee del vangelo”.

In che modo? Lui aveva a che fare con persone non proprio sante….
“Lui trattata tutti in modo umano, stringeva la mano e salutava tutti con rispetto, ha pianto quando qualcuno veniva ucciso. Per lui, tutti erano figli di Dio. Nella sua vita c’era la preghiera e nella quotidianitĆ  c’era un servizio fatto bene, con amore. La fede lo spingeva in questo. GesĆ¹ diceva: ‘Voi siete il sale della vita’, e lui questo lo dimostrava con tutti, senza pregiudizi”.

Cosa ha da insegnare Livatino ai giudici e a quanti fanno il suo lavoro?
“In uno dei suoi discorsi disse che il giudice, nel giudicare, fa un gesto di preghiera, perchĆ© in quel momento sta esprimendo la sua fede attraverso quel giudizio. La fede, secondo il Beato Livatino, ĆØ infatti quella lente che permette di vedere tutto con gli occhi di Dio e, nel suo servizio, tentata di vedere le persone e le cose con lo sguardo di Dio, nutrendo la sua fede con la preghiera, la messa quotidiana e i sacramenti”.

Credo che il suo sia anche un insegnamento universale?
“SƬ, credo che il suo insegnamento sia universale perchĆ© i santi sono poliedrici, hanno tante facce. Il primo invito che Livatino fa ad ogni credente ĆØ di vivere la quotidianitĆ  con coerenza fino in fondo, senza scorciatoie, avendo fede in Dio. Per questo tutte le pagine del suo diario iniziavano con una sigla: S.T.D.”.

Cosa signifiCa S.T.D.?
“All’inizio non si era capito, ma poi si scoprƬ che significava Sub Tutela Dei, perchĆ© Rosario viveva letteralmente sotto il manto di Dio”.

Giovanni Paolo II, quando il 9 maggio 1993 venne ad Agrigento e pronunciĆ² quello storico discorso gridando ai mafiosi: ‘Convertitevi! Un giorno arriverĆ  il giudizio di Dio!’ [qui il video, ndr],Ā  fu in qualche modo influenzato dalla morte del giudice?
“SƬ. Il Santo Pontefice incontrĆ² i genitori di Rosario poco prima del suo arrivo nella valle dei Templi, ad Agrigento. Rimase profondamente colpito dai genitori di Rosario che piangevano per la perdita dell’amato figlio. Rimase cosƬ scosso dalla loro sofferenza che poi esplose in quel grido che nessuno si aspettava, perchĆ© non era previsto. Le lacrime di quei due poveri genitori toccarono il cuore del Papa che, a sua volta, seppe vedere lontano”.

Papa Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi di Agrigento il 9 maggio 1993

Don Pino Puglisi e beato Livatino. Cosa hanno in comune questi due martiri della mafia?
“Diverse cose. In primis, che muoiono allo stesso modo, Livatino e don Pino: entrambi senza odio verso i propri assassini. Tanto che i killer si pentiranno, sconvolti da quello sguardo d’amore. Inoltre, don Pino e Rosario ebbero in vita la stessa impronta: Rosario fece il giudice pieno di Dio; don Pino fece il prete pieno di Dio”.

Entrambi vengono spesso definiti uomini antimafia. E’ corretto?
“Io credo che un cristiano non possa mai essere ‘anti’ a nessuno, neppure ai mafiosi. GesĆ¹ stesso non viveva il ladrone come un ‘anti’, o solo come un delinquente. GesĆ¹ riconobbe nel cuore del ladrone quel briciolo di bene che Dio ci aveva posto. Il cristiano ha bisogno di guardare tutti in questa maniera. Don Pino e Livatino non erano dunque uomini antimafia, nĆ© anti qualcos’altro. Padre Puglisi visse con coerenza la sua missione, spiegando e incarnando il Vangelo affinchĆ© gli altri ne cogliessero il messaggio salvifico e si convertissero. Livatino lo ha fatto amministrando la giustizia. Non sono dei superman nessuno dei due: sono due uomini che hanno vissuto la loro vita al servizio degli altri con semplicitĆ  e coerenza. Non si vedeva nessuna aureola, per cosƬ dire, sopra le loro teste, ma di fatto colpivano per la loro semplicitĆ , coerenza e fedeltĆ  al Vangelo”.

Don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993

Qual ĆØ la posizione della Chiesa in merito alla mafia?
“La Chiesa condanna la violenza, ma spera che ognuno – mafiosi compresi – abbracci la retta via, quella della giustizia, della pace, del rispetto. Il mafioso ĆØ un uomo che usa la violenza per poter tenere fermo il proprio potere. Ma c’ĆØ comunque sempre la speranza della conversione. CosƬ fece GesĆ¹ con san Matteo, che era considerato dalla gente un poco di buono. PerĆ² GesĆ¹ lo chiamĆ² e lo portĆ² con sĆ©”.

La morte di Livatino ĆØ stato un segno potente anche per gli stessi mafiosi?
“SƬ, la sua morte portĆ² alla conversione di uno dei suoi assassini che, dal carcere, chiese perdono e si convertƬ [Gaetano Puzzangaro, condannato all’ergastolo, ndr]. Il sangue versato ĆØ sangue fecondo. La forza dei santi ĆØ proprio questo: ĆØ questo vivere gettando semi di speranza”.

Qual ĆØ, a distanza di anni dal suo eccidio, il messaggio di Livatino per i giovani d’oggi?
“Livatino ĆØ sempre attuale. Il suo messaggio per i giovani ĆØ che la santitĆ  non ĆØ una realtĆ  che mortifica. Ma ĆØ avere il coraggio di vedere la vita a testa alta, di affrontare la realtĆ  e, pur subendo, continuare a camminare per la propria strada. Questo ĆØ un santo: non un illuso, non un supereroe, ma un uomo che ha gli occhi aperti sulla realtĆ , che cammina diritto non chiudendosi nel guscio, nonostante la fatica, la paura, il pericolo…certo di una presenza Alta nella sua vita”.

Per la Chiesa Livatino, il primo magistrato a diventare beato, cosa rappresenta?
“Per la Chiesa Livatino, il primo magistrato a diventare beato, ĆØ una figura bella! E’ un segnale e un segno che fa sperare tutti. Il giudice non puĆ² essere un uomo freddo che fa rispettare la legge. Il giudice ĆØ un uomo che guarda agli altri come uomini. Una comunicazione che va oltre al codice penale: Livatino stringeva la mano ai delinquenti, non li teneva a distanza. in questo c’ĆØ un atto di grande caritĆ . Chi lo riceveva si sentiva toccato, perchĆ© spesso il delinquente veniva tenuto a distanza. In sintesi, il martirio di Rosario Livatino, un uomo giusto, insegna qualcosa a tutti noi: se ognuno di noi guarda all’altro come a un uomo, e lo guarda con occhi buoni, riuscirĆ  a vedere in lui quel briciolo di bontĆ  che gli ĆØ rimasto – perchĆ© non puĆ² scomparire del tutto – che Dio ha messo nel cuore di tutti”.

Ascola qui l’intervista del Card. Francesco Montenegro

 

Qui sotto, i tre docu-video per la beatificazione di Rosario Angelo Livatino, realizzati e prodotti da Tv2000 in collaborazione con il Centro per la Cultura e la Comunicazione dellā€™Arcidiocesi di Agrigento.

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