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La Pasqua, segno di speranza nel tunnel della pandemia

Anche quest’anno la pandemia caratterizzerà i giorni di festa: per tutti è la seconda Pasqua in lockdown. Ancora restrizioni, sacrifici, ma soprattutto ancora morti, terapie intensive sotto stress e tanti contagi. 

Un anno fa, forse, c’era più speranza in circolazione per affrontare tutto questo. Certo, il dolore era già tanto: le famiglie si confrontavano con i lutti e con la lontananza forzata che divideva soprattutto i nonni e i nipoti, restringendo sempre più il nucleo familiare. C’era la solitudine da affrontare e le paure di una nuova fase drammatica e sconosciuta. Ma non mancava – e a dire il vero non è mai mancata – la solidarietà. 

Oggi però le energie sembrano essere di meno. C’è molta più familiarità con la pandemia e, sebbene siano difficili da accettare, le persone si sono abituate anche alle limitazioni imposte dalla lotta al covid-19. Sono aumentate le diseguaglianze sociali, la crisi mette a dura prova le famiglie. Emergono poco a poco tutte le contraddizioni di una società moderna e impreparata ad un evento di questo tipo. Una crisi certamente sanitaria, sociale ed economica, ma non solo: la crisi che viviamo è anche esistenziale.

L’uomo è un animale sociale e, per quanto possa sforzarsi, da solo soffre, si spegne, muore. Si è instaurata una nuova normalità che però non è naturale per chi, come l’essere umano, si nutre di relazioni: l’uomo si scopre persona quando incontra l’altro da sè, quando vive un amore gratuito e si specchia in ciò che lo circonda. Tutta questa interazione è alterata, bloccata, ridotta al minimo. Come ogni guerra, anche questa porterà le sue conseguenze, i suoi traumi e non è mai presto per cominciare a pensarci.

Il 2020, l’anno della pandemia, ha segnato, secondo i dati Istat, il minimo storico di nascite dall’unità di Italia e un massimo storico di decessi dal secondo dopoguerra. Un dato che dice molto, quasi tutto.

Bisogna proiettarsi, almeno con il pensiero, al dopo pandemia. Chiedersi da dove ricominciare, come ricostruirsi. E non per illudersi, ma per aiutarsi ad affrontare il presente. Non è possibile stare fermi così a lungo, chiudersi in se stessi per troppo tempo. Cominciare a organizzare il domani, quello che ognuno può offrire, farà del bene a tutti.

E’ un momento difficile: è più di un anno che la morte accompagna le vite di tutti e c’è qualcosa di paradossale e contraddittorio in tutto questo. Soprattutto oggi che è Pasqua. Pasqua di Resurrezione.

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