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Primo caso di variante inglese in un gatto, avviene a Novara

Il contagio avvenuto in ambiente domestico, dai padroni ammalati. Si conferma che gli animali non sono vettori del virus, ma possono contrarlo

Che il Covid potesse infettare anche i nostri animali domestici, lo sapevamo. Ora però abbiamo conferma che anche le nuove varianti facciano ammalare i nostri amici a quattro zampe.

Come riporta Ansa Salute, infatti, si è registrato in Italia un primo caso di variante inglese in un gatto. A scoprirlo è stato l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Piemonte Liguria e Valle d’Aosta su un felino maschio di 8 anni che vive nel novarese in un contesto domestico.

I sintomi nell’animale

I sintomi respiratori nel gatto sono comparsi circa dieci giorni dopo l’insorgenza della malattia e l’isolamento domiciliare dei suoi padroni. “Questa diagnosi e l’identificazione della variante inglese – dichiara il direttore dell”Istituto, Angelo Ferrari – dimostrano quanto il sistema dei controlli e la gestione integrata della pandemia siano efficaci e pronti ad agire tempestivamente”.

Gli animali potenziali veicoli del Covid?

“La positività del gatto non deve generare allarmi – sottolinea Bartolomeo Griglio, responsabile della Prevenzione della Regione Piemonte -. A causa della malattia dei loro proprietari, gli animali d’affezione si ritrovano a vivere in ambienti a forte circolazione virale. Non è dunque inatteso che anch’essi possano contrarre l’infezione, ma non esiste evidenza scientifica sul fatto che giochino un ruolo nella diffusione del Covid-19. Il contagio interumano rimane la principale via di diffusione della malattia”.

L’Oipa: l’Iss ha chiarito che gli animali non lo trasmettono

Il caso del gatto contagiato dai suoi familiari “dimostra una volta di più che non sono gli animali a trasmettere il Coronavirus, ma il contrario”. Lo afferma l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa), che ricorda come l’Istituto superiore di sanità già abbia fatto chiarezza sulla questione lo scorso anno.

“L’Iss afferma che allo stato attuale non esistono evidenze che gli animali da compagnia svolgano un ruolo epidemiologico nella diffusione all’uomo di Sars-CoV-2. Semmai è vero il contrario – ricorda l’Oipa – I nostri animali possono contrarre l’infezione attraverso il contatto con persone infette e sviluppare occasionalmente la malattia. Pertanto, occorre adottare misure precauzionali in casa anche per gli animali, attraverso regole generali di igiene personale, degli animali, degli ambienti e soprattutto adottando comportamenti idonei da parte di chi li accudisce”.

Il Covid, aggiunge la nota, “può colpire occasionalmente gli animali, ma solo in quanto contagiati dall’uomo. Lo si è visto anche diffondersi nei mattatoi e negli allevamenti di animali da pelliccia, dove il virus è arrivato dagli operatori e dove di fatto possono riprodursi contesti simili ai cosiddetti ‘mercati umidi’ cinesi, laddove si è originata la pandemia, contesti dove scorre il sangue e dove gli animali sono detenuti in scarse condizioni igieniche”, ricorda il presidente dell’Oipa, Massimo Comparotto. Aggiunge “questa epidemia dovrebbe insegnare al mondo un maggior rispetto per la vita animale”.

Come è finita al gatto in questione?

Sia il gatto che i suoi proprietari sono ora in via di guarigione. A complimentarsi con l’Istituto Zooprofilattico che ha effettuato la diagnosi e identificato la variante inglese del virus, l’assessore regionale alla Sanità, Luigi Icardi. “L’Istituto – evidenzia – sta svolgendo un lavoro di alta professionalità. Nell’emergenza pandemica il sequenziamento dei virus è un’attività strategica e anche in questo caso, lo Zooprofilattico si conferma un’eccellenza scientifica di livello nazionale”.

Per quel che concerne la gestione sanitaria degli animali di pazienti infetti, la raccomandazione generale è di adottare comportamenti utili a evitare quanto più possibile l’esposizione degli animali al contagio.

 

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