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Il Tar del Lazio dà torto ad Aifa per le cure domiciliari del Covid

Con una ordinanza del 2 Marzo è sospesa la nota AIfa del 9 Dicembre che prevedeva per le cure domiciliari la sola "vigile attesa", fans e paracetamolo

A distanza di un anno dall’inizio della pandemia, con 100.000 morti per Covid accertate, i medici hanno compreso la fondamentale importanza di un intervento tempestivo nelle prime fasi della malattia, per evitarne il degenerare. Un intervento che può essere intrapreso anche presso il domicilio, in modo da evitare il sovraccarico degli ospedali, quando non è necessario.

Questa evidenza, però, non pare ravvisata anche dall’Aifa, che nella nota del 9 dicembre 2020 recante “principi di gestione dei casi Covid19 nel setting domiciliare”, raccomandava la sola “vigile attesa” e la somministrazione di fans o paracetamolo nelle fasi iniziali della malattia.

E così i medici riuniti nel Comitato cura domiciliare Covid 19, costituito da centinaia di medici di Medicina generale e specialisti, (su Facebook ha raggiunto i 75mila iscritti con l’hashtag #terapiadomiciliarecovid19), sono ricorsi al TAR del Lazio e sono stati ascoltati.

E’ giunta infatti un’ordinanza (del 2 marzo scorso, pubblicata il 4) con cui il TAR del Lazio-sezione terza quater ha accolto l’istanza cautelare promossa dal Comitato cura domiciliare Covid 19, nei confronti del Ministero della salute e di Aifa-Agenzia Italiana del Farmaco. L’ordinanza sospende la nota AIFA del 9 dicembre 2020.

Come riporta Claudio Borgoni su Centro Studi Livatino, la nota Aifa prescriveva raccomandazioni sul trattamento farmacologico domiciliare nella fase iniziale della malattia da Sars-Covid, consistenti unicamente in una “vigile attesa” e nella somministrazione di fans o paracetamolo. Restavano esclusi dalle raccomandazioni Aifa l’uso di antibiotici, idrossiclorochina, supplementi vitaminici e aerosol. L’uso di corticosteroidi era ammesso solo in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici tali da richiedere ossigenoterapia; l’uso delle eparine era consentito solo nei confronti di soggetti allettati.

L’azione del Comitato Cura Domiciliare Covid 19

Il Comitato cura domiciliare Covid 19 ha messo a punto uno schema terapeutico domiciliare per contrastare il virus; in questo modo sono state curate migliaia di persone, riducendo in maniera significativa l’ospedalizzazione e i decessi.

La terapia domiciliare messa a punto

Nella fase iniziale della malattia, il virus inizia la replicazione e può evolvere rapidamente verso una seconda fase, contraddistinta da polmonite interstiziale e insufficienza respiratoria. Al fine di evitare lo sproporzionato aggravamento della malattia, il protocollo messo a punto dal Comitato prevede un intervento tempestivo nella fase iniziale e l’uso di farmaci che sino a ora hanno dato una buona risposta sul campo. Tra questi ci sono i corticosteroidi, gli antibiotici e l’idrossiclorochina. Esattamente il contrario di quanto indicato nella nota dell’Aifa impugnata.

Il contenuto dell’ordinanza del Tar

L’ordinanza del Tar, pur con la valutazione sommaria tipica della fase cautelare, ha riconosciuto il diritto/dovere dei medici “di prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza (…) che non può essere compresso nell’ottica di una attesa, potenzialmente pregiudizievole sia per il paziente che, sebbene sotto profili diversi, per i medici stessi”.

Il provvedimento ripercorre il solco già tracciato dai giudici amministrativi con il provvedimento del 10/12/2020. In quest’ultimo il Consiglio di Stato sospendeva la nota AIFA del 22/07/2020, consentendo ai medici di prescrivere l’idrossiclorochina ai pazienti affetti da SARS-CoV- 2 nella fase iniziale della malattia.

 

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