Anche dei minorenni assistevano alle operazioni relative al traffico degli stupefacenti fatte dai loro parenti, dal confezionamento della sostanza, alle riunioni. Talvolta, si sarebbero occupati anche dei conteggi o delle telefonate per fare recapitare lo stupefacente. E’ quanto emerge dalle inchieste della Dda e della Procura del Tribunale sulla nuova maxi operazione antidroga denominata “Algeri” espletata oggi dai carabinieri di Siracusa in Sicilia.
All’attività, eseguita da circa 150 militari, hanno concorso assetti specialistici del 12° Reggimento Carabinieri “Sicilia” di Palermo e dello Squadrone Eliportato Carabinieri “Sicilia” di Sigonella, nonché un elicottero dell’Arma, scrive Ansa.
Operazione Algeri
L’operazione ha preso il nome dalla via di Siracusa, Via Algeri nella zona nord di Siracusa, dove sono ubicate le palazzine teatro della piazza di spaccio.
L’operazione Algeri ha preso il via questa mattina a Siracusa con l’esecuzione, da parte dei Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale aretuseo, di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Catania a carico di 31 appartenenti a un sodalizio criminoso operante nel capoluogo siculo.
Il clan è ritenuto responsabile, a conclusione di indagini dirette dalla dda di Catania, di traffico e spaccio di ingenti quantitativi di cocaina, crack, marijuana, hashish e metanfetamine. Il gruppo criminale aveva costituito una piazza di spaccio delimitata anche da cancelli abusivamente collocati e protetta da vedette, capace di produrre incassi fino a 25mila euro al giorno e spacciava anche in prossimità di scuole ed avvalendosi di minori. Inoltre, 17 fiancheggiatori sono risultati indebiti percettori del reddito di cittadinanza. I carabinieri hanno presentato richiesta della revoca al reddito di cittadinanza per tutti i 17 componenti del gruppo.
L’organizzazione del lavoro
Poiché l’indagine ha coinvolto tre interi nuclei familiari, erano stati coinvolti anche i minori delle tre famiglie. I carabinieri hanno infatti collocato in strutture protette sei minorenni rimasti soli dopo l’arresto dei loro genitori. I ragazzini di un gruppo familiare effettuavano il proprio turno di spaccio o di vedetta.
La vendita al dettaglio era svolto in tre turni che coprivano le 24 ore: mattina (dalle 6 alle 14), pomeriggio (dalle 14 alle 22) e notte (dalle 22 alle 6). Gli spacciatori di turno si rifornivano nell’ufficio dove avveniva anche la consegna del denaro provento della vendita della droga. Gli addetti all’ufficio annotavano i movimenti su un ‘libro mastro’.
Le donne rivestivano compiti operativi precisi: gestivano gli approvvigionamenti di droga e si occupavano del confezionamento fino alla consegna della sostanza ai pusher.
Tutti gli affiliati al gruppo percepivano uno stipendio parametrato in base alla mansione ed al ruolo svolto all’interno dell’organizzazione. Gli appartenenti al gruppo non esitavano ad usare la violenza e le armi per imporsi. Il gruppo, hanno ricostruito i carabinieri di Siracusa, coi proventi dello spaccio manteneva anche gli associati detenuti in carcere o ai domiciliari.
Il gruppo disponeva poi di un magazzino nelle abitazioni dei magazzinieri incaricati dove venivano nascoste le forniture di stupefacente, ovvero le quantità in eccesso che transitavano dall’ufficio per essere trattate e contabilizzate.
Il latitante Maximiliano Genova
Le indagini, avviate a novembre 2018 e fino a luglio 2019, hanno permesso di accertare l’esistenza di un sistema composto da tre nuclei familiari guidato da Maximiliano Genova. Genova, latitante da mesi, è stato arrestato oggi a Malta su mandato di cattura europeo.
“Tenevano una città sotto scacco”, ha commentato l’operazione il comandante provinciale dell’Arma, il colonnello Giovanni Tamborrino.
Lo spaccio avveniva all’interno dei portoni e negli androni interni alle scale delle case popolari, con gli accessi protetti da cancelli costruiti abusivamente. Gli altri residenti nelle palazzine, estranei alle attività illecite, non erano in possesso delle chiavi dei cancelli abusivi ed erano costretti, per entrare ed uscire, a chiedere il “permesso” alle sentinelle armate.
Spacciatori e vedette erano organizzati con più turni di lavoro, per rendere operativa la “centrale” dello spaccio 24 ore su 24. Le vedette sui tetti dei palazzi, munite di radiotrasmittenti, e le videocamere collocate in punti strategici avvisavano dell’arrivo delle forze dell’ordine.
Sodalizio criminale
“Il sodalizio di Via Algeri aveva aperto delle vere e proprie trattative per la vendita della piazza di spaccio ad altri gruppi criminali della città” ha spiegato il ten. col. Marco Piras, comandante del nucleo operativo con il comandante del nucleo investigativo, maggiore Simone Clemente, rivelando che “l’ufficio era presso le abitazioni delle famiglie Cacciatore e Linares, che si sono avvicendate nella gestione”.