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“Come la dottrina sociale può guidarci fuori dall’emergenza”

Sull'uscita solidale dall'emergenza Covid intervista di Interris.it a padre Gaetano Saracino, missionario scalabriniano, parroco nelle borgate romane e in prima linea nella pastorale carceraria

La dottrina sociale della Chiesa può offrire all’umanità una “condivisione solidale” per uscire dall’emergenza sanitaria e sociale della pandemia. A indicare a Interris.it le radici dottrinarie della mobilitazione cattolica anti-Covid è padre Gaetano Saracino, missionario scalabriniano. Parroco nelle borgate romane. In prima linea nella pastorale carceraria. Sulle orme di papa Francesco.

Papa Francesco oggi e appena divenuto sacerdote, nel 1969

L’esempio di padre Bergoglio

Di Jorge Mario Bergoglio padre Saracino ha ascoltato le testimonianze dei suoi confratelli scalabriniani in Argentina e lo ha visto all’opera nel periodo trascorso a Buenos Aires nel 2004. Dopo l’elezione al Soglio di Pietro, lo ha incontrato diverse
volte. Da pastore nelle periferie romane avverte una sintonia di vissuto. Un’ esperienza accomuna molti presbiteri secondo il “sentire cum Ecclesia”. Perché, secondo l’espressione di papa Francesco, “quando il dialogo tra fedeli e pastori è leale, allora è assistito dallo Spirito Santo“. Padre Saracino lega la figura del Pontefice argentino a quella di San Giovanni XXIII. “Due uomini abitati da Dio- spiega a Interris.it-. Condizione, questa, da cui scaturiscono gesti e parole tesi a trasmettere la profonda convinzione che tutto è abitato, presieduto e anticipato da Dio. Secondo padre Saracino, “bontà e misericordia sono tutt’altro che buonismo ingenuo e semplice che appiattisce ciò che dottrina e ortodossia a fatica nei secoli hanno elevato. Ma sono il solco su cui ambedue si sono trovati a fondare la Chiesa. Un solco apparentemente breve. Ma dagli effetti prolungati. Importanti processi e provvedimenti innescati da Francesco hanno i connotati della irreversibilità“. E di emergenza Bergoglio ha già affrontato quella provocata dal default argentino.emergenza

Bergoglio come Roncalli

C’è di più. “L’accostamento e il legame dei due pontefici Roncalli e Bergoglio vive in una immagine: la fiaccola– evidenzia a Interris.it padre Saracino- Nel discorso di apertura del Vaticano II, papa Giovanni indicava nella verità cattolica rivisitata dal Concilio quella fiaccola che la Chiesa, mossa da misericordia, offre ai figli che sono separati da lei. Rivive l’immagine della sua vita contadina, quando si trascorreva molta vita domestica alla luce del fuoco. L’immagine è tornata, forte, in uno dei momenti più delicati del pontificato di papa Francesco: la fine del Sinodo straordinario sulla Famiglia”. Il messaggio finale dell’assise episcopale conferma che “la luce della Chiesa può essere faro fermo e visibile. Ma anche fiaccola che accompagna gli uomini nel loro cammino, senza accecarli. Il faro è sulla roccia, la fiaccola no“. Osserva il missionario scalabriniano: “Umanamente un gran bel rischio. Figli del loro tempo. Attorno ad un focolare domestico Roncalli, ad inseguire un’umanità in movimento Begoglio, emigrante lui stesso e la sua famiglia”.

La diffusione della pandemia nel mondo

Per uscire dall’emergenza: prima le persone, poi le strutture

In pandemia papa Francesco si è confermato coscienza morale del pianeta. Punto di riferimento per “tutti gli uomini e le donne di buona volontà”. Le sue attenzioni, osserva padre Saracino, sono prima alle persone che non alle strutture preposte. “Non categorie sociologiche, ma luoghi dove essere Chiesa e far vivere il messaggio evangelico– puntualizza il missionario scalabriniano-. Se parla della donna è perché ha ascoltato realmente le donne di Plaza de Majo in Argentina. Se parla di periferie è perché la Settimana Santa, anche da vescovo, la celebrava nei ‘barrios. Se parla di migranti è perché ha dovuto accogliere peruviani, boliviani e paraguayani giunti a Buenos Aires. E finiti nel vortice della spaventosa crisi argentina del 2003. Questa è la Chiesa nel mondo contemporaneo della ‘Gaudium et Spes‘ che papa Francesco promuove”.emergenza

Vescovo e popolo nell’emergenza

Esplicito, prosegue padre Saracino, è “il richiamo in alcune espressioni di Francesco. Come quella di ‘vescovo e popolo‘ che in Jorge Mario Bergoglio ha molta pregnanza. Perché parla da vescovo che ha servito solo due diocesi. Quella di Buenos Aires e quella di Roma. A papa Francesco non è appartenuta la dinamica molto poco chiara e teologicamente poco ispirata del cambio frequente di diocesi, da parte di alcuni presuli“. Pertanto “questa ricerca continua del contatto fisico e verbale con le persone è l’espressione di una fedeltà ad una sposa avuta in dono. Ma rivela anche la convinzione di chi ha conosciuto l’efficacia di una Chiesa che si realizza tra popolo e vescovi ad Aperecida. Dove i vescovi latinoamericani erano riuniti, mentre il popolo pregava. Questa è la Chiesa della ‘Lumen Gentium‘”.Emergenza

Settarismi e revisionismi

“Con parole e gesti Francesco sta provando a sottrarre il Concilio Vaticano II alle narrazioni ideologiche- chiarisce padre Saracino-. Per presentarlo sempre come terreno comune per le diverse sensibilità culturali e politiche. In modo da resistere a settarismi e a revisionismi. Da qui l’ascolto fatto di incontri con le frontiere fisiche e geografiche. E con mondi altri che rappresentano le sfide contemporanee. Con la ricerca costante del dialogo. Con richiami ai movimenti ecclesiali. Ma anche ai pastori e ai vescovi. Un compito tutt’altro che concluso”.Emergenza

La centralità dell’ecumenismo

“La spinta ecumenica di Roncalli e Bergoglio ha origine in tre aspetti che li accomunano profondamente- ostiene padre SAracino-. Il convincimento che, in forza dello stesso Vangelo, può esistere un ecumenismo di fatto che viene prima di quello dottrinale. La ricerca concreta e continua del dialogo, figlio di una ispirazione ed un coraggio fuori dal comune. L’ethos, lo stile di vita di Roncalli e Bergoglio, fatto di semplicità e di affetto nei confronti di ogni persona umana. Soprattutto verso i sofferenti e i poveri, che li conforma in maniera più evidente allo spirito evangelico. Anche a distanza di oltre cinquant’anni”. A queste si accosta un’esperienza comune. Il vissuto extra romano che li ha realmente posti a contatto e in dialogo con i fratelli di altre confessioni. Questi sono i pilastri che hanno aiutato e aiutano enormemente il dialogo ecumenico. Superando non pochi ostacoli nei rapporti tra cattolici e altre confessioni non cristiane”.

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