Un popolo intero nelle mani di una setta. Fu con il colpo di Stato di 50 anni fa che Hafez al-Assad conquistò il potere in Siria dove da allora ha regnato. Prima da premier e dal 1971 da presidente, fino alla sua morte nel 2000. Per consolidare il potere inserì in posizioni chiave membri della sua setta alawita. Una minoranza nella Siria sunnita, e creò uno Stato totalitario, monopartitico in stile sovietico. Il suo potere era assoluto, i suoi servizi di intelligence, il temuto Mukhabarat, onnipresenti ed efficientissimi.
Mezzo secolo di potere a una setta
Assad trasformò la Siria in una potenza del Medio Oriente. Nel mondo arabo, si guadagnò rispetto per la sua posizione intransigente sulle alture del Golan. Nel 1981, nella guerra in Iraq con l’Iran, si schierò con gli iraniani. E avviò così un’alleanza che avrebbe aiutato a salvare suo figlio in seguito. Sostenne la coalizione guidata dagli Stati Uniti per liberare il Kuwait dopo l’invasione di Saddam del 1990. E stabilì in questo modo anche una relazione con gli americani, ricostruisce l’Agi. “Era un uomo spietato ma brillante. Una volta ha spazzato via un intero villaggio come lezione per i suoi avversari”, ricorda l’ex presidente Usa, Bill Clinton.
Opportunità sprecata
Bill Clinton ha incontrato Assad diverse volte. E nelle sue memorie “My Life” si riferiva al massacro di Hama nel 1982. Dove le forze di sicurezza uccisero migliaia di persone per reprimere una rivolta dei Fratelli Musulmani. L’ascesa al potere del figlio di Hafez, Bashar, nel giugno del 2000, aveva alimentato la speranza di un’apertura democratica del regime. Ma il rampollo che non doveva essere presidente (il successore designato era Basil, figlio maggiore di Hafez che morì a 33 anni nello schianto della sua Mercedes) ha sprecato l’opportunità.
Isolamento e devastazione
La sua Siria oggi è isolata e devastata dalla guerra. Un paese soffocato da una crisi economica devastante. Schiacciato da sanzioni occidentali. Molto lontano dalla visione che Bashar aveva offerto un mese dopo la morte di suo padre. Quando si insediò, giovane oculista formatosi in Gran Bretagna, proiettò un’aura di modernità, giovinezza e apertura nel Paese. Il suo sembrava il profilo di un riformatore che poteva favorire la liberalizzazione economica. E un’apertura verso l’Occidente. Speranze deluse da una realtà diversa e continuista. Fino alla brutale repressione delle proteste anti-governative nel 2011. E alla guerra che, da allora, ha ucciso oltre 380 mila persone e sfollato milioni di siriani. Orrori che hanno minato la sua legittimità internazionale. Ma il “rais” governa adesso di nuovo sull’80 per cento del territorio di un Paese in macerie, con la popolazione in miseria.