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Il ddl Zan e il rischio del pensiero unico

Il ddl Zan per il contrasto all’omotrans-fobia mercoledì ha superato il primo esame della Camera e ora passa al Senato, dove i giochi restano aperti visti numeri esigui della maggioranza a Palazzo Madama.

Il disegno di legge nasce con un intento culturale ed educativo per stessa ammissione dei suoi proponenti e sostenitori e per questo motivo nel lungo percorso in Commissione giustizia e in aula ha suscitato la netta contrarietà dei gruppi pro family che temono l’ingresso del gender nelle scuole, delle femministe preoccupate per l’introduzione nell’ordinamento italiano del concetto di genere slegato dal sesso biologico; degli intellettuali liberali preoccupati per le minacce alla libertà di pensiero e non ultimo della Chiesa cattolica italiana che, tramite una nota della Cei dello scorso 10 giugno e alla luce della dottrina sull’antropologia umana, ha detto di guardare con preoccupazione ad un provvedimento che “limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso”.

Ovviamente tutto il fronte che si oppone al ddl riconosce la pari dignità di ogni essere umano e condanna ogni discriminazione e violenza basata sull’orientamento sessuale della vittima. Su questo punto fa chiarezza anche il comunicato diffuso Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII: «Nelle nostre case accogliamo, oggi come in passato, persone omosessuali e transessuali, favorendo la loro integrazione attraverso il dialogo e l’incontro delle diversità. L’orientamento sessuale non è motivo di discriminazione per noi. Al contrario riteniamo controproducente ai fini della stessa integrazione una legge che, basandosi sulla difesa delle persone con orientamento omosessuale, attacca la libertà di espressione e di educazione».

Cattolici, liberali e femministe concordano però nell’osservare che l’iniziativa legislativa della maggioranza giallo-rossa è inutile e dannosa. Inutile per due motivi. In primis va detto, come sottolinea anche la nota Cei, che non esiste alcun vuoto normativo, essendo presenti nel codice penale tutti gli strumenti giuridici volti a perseguire e condannare chi si è reso colpevole di discriminazioni e violenze motivate dall’orientamento sessuale, e questo lo dimostrano numerose e severissime sentenze già passate in giudicato che hanno colpito persone che si sono rese protagoniste di atti contro persone omosessuali. In secondo luogo, dai dati dell’Osservatorio interforze del Ministero dell’Interno (Oscad) emerge che le denunce di atti omofobia sono meno di 30 l’anno, mentre secondo l’Agenzia Europea dei Diritti indica l’Italia come è uno dei Paesi più accoglienti del mondo verso le persone LGBT.

Ora veniamo ai motivi per i quali il ddl può essere considerato molto pericoloso. Anzitutto il ddl istituisce un nuovo reato di opinione, quello di omotrans-fobia appunto, senza definirlo nelle fattispecie sanzionabili, lasciando così enormi spazi a interpretazioni da parte della magistratura e a derive liberticide. Il Centro studi Livatino, animato da giuristi di estrazione cattolica, ricorda che lo stesso onorevole Zan (da cui prende il nome il ddl) in un’intervista ha detto “la legge serve a instillare nelle persone un atteggiamento di prudenza”, insomma una sorta di autocensura riguardo alla eventualità di esprimere giudizi riguardo la sessualità, la filiazione e la genitorialità.

Seguendo questo ragionamento il ddl è anche iniquo perché divide la società in categorie con tutele a velocità differenziata, creando soggetti iper-tutelati in base alle loro scelte sessuali. Senza dubbio il ddl Zan è inoltre ideologico, perché menziona una controversa identità di genere slegata dal sesso biologico – punto contestato  fortemente dalle femministe – che può comprendere oltre 50 definizioni stando alle moderne teorie del genere. Millenni di antropologia umana vengono quindi riscritti con una legge che si basa su teorie che non hanno basi scientifiche.

L’esperienza di altri Paesi mostra cosa potrebbe succedere: intellettuali progressisti come l’autrice Harry Potter, J. K. Rowling, e del romanziere Stephen King sono stati additati come omofobi solo perché hanno osato dire che i trans non sono donne. Accusa rivolta anche contro Lorella Cuccarini rea di aver espresso la sua contrarietà alle adozioni gay. Se dovesse passare il ddl Zan potremmo quindi diventare “omofobi per legge” ed essere chiamati a difenderci davanti ad un giudice a causa delle nostre idee.

Infine il ddl è illiberale perché stanzia 4 mln di euro per le attività dei movimenti LGBT, in un momento di crisi economica senza precedenti, e istituisce la giornata nazionale contro l’omotransfobia 17 maggio che sarà celebrata anche con iniziative educative su l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia fin dalle scuole elementari. Oltre tutto è previsto che il condannato per omofobia presti un’attività non retribuita presso le associazioni del mondo LGBT.

Nel Paese piegato della pandemia si palesa quindi lo spettro del pensiero unico. Si potrà più dire che un bimbo ha diritto ad una padre e una madre? Che l’utero in affitto è un abominio contro il genere umano e usufruirne è un atto criminale? Che i bambini nascono maschi o femmine e che il sesso biologico non è un dato culturale? La speranza è che questi interrogativi diventino sempre più pressanti anche per i 315 senatori che presto saranno chiamati a dare il via libera definitivo a questa legge. La partita è ancora tutta da giocare.

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