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Salute mentale tra stigma e pregiudizi

Non sempre è facile ammettere un problema riguardante la salute mentale. Ci sono ancora troppi tabù che avvolgono queste malattie. Paura di farsi curare o paura di ammettere di avere un problema? Interris.it ne ha parlato con lo psicologo Paolo Grampa.

Un uomo e una donna passeggiano in un parco, l’uno accanto all’altra, e parlano. “C’è questo mio amico – le confida lui un po’ preoccupato – che dice che quando passa di qua, questa statua si gira e lo fissa”. Lei subito lo tranquillizza: “Si cura”. L’uomo precisa: “Sicuro! Lui è sicuro. La statua si gira e lo fissa”. La donna nuovamente lo rasserena: “Si cura. Il disturbo mentale è una malattia come le altre. Può capitare ma si può curare”. Infine gli rivolge un invito: “Se senti che qualcosa non va, parlane con il medico”. È lo spot “SI CURA” presentato al Ministero della Salute nell’auditorium “Cosimo Piccinno” in apertura della conferenza stampa Per una salute mentale di comunità: servizi di prossimità e budget di salute, organizzata per celebrare la Giornata mondiale della salute mentale. Un’occasione, quella odierna, nata con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione sul tema della salute mentale.

Abbattere il muro delle patologie

“Con questa giornata vogliamo sottolineare quanto sia importante lottare contro lo stigma e i pregiudizi verso i pazienti che soffrono di disturbi mentali. L’emergenza Covid-19 ha messo in luce più che mai come queste persone si siano spesso trovate escluse dalla partecipazione alla vita sociale. Per abbattere il muro che ancora circonda queste patologie dobbiamo indirizzarci verso una salute mentale di comunità, attraverso servizi di prossimità, investendo nella sanità territoriale e mettendo sempre il paziente al centro, e dare una risposta appropriata ed efficace alla complessità dei problemi connessi ai disagi psichici anche attraverso il budget di salute” –  ha dichiarato la Sottosegretaria di Stato alla Salute Sandra Zampa.

I numeri

Secondo il Rapporto sulla Salute Mentale 2019, sono 1.965 le strutture residenziali psichiatriche attive pubbliche e private e 881 quelle semiresidenziali psichiatriche attive pubbliche e private. Nelle strutture ospedaliere psichiatriche attive pubbliche e private i posti letto di degenza ordinaria sono 4.905, quelli di Day Hospital 311.

Nel 2019 la dotazione complessiva del personale all’interno delle unità operative psichiatriche pubbliche è pari a 28.811 unità. A livello nazionale il rapporto tra infermieri e medici è 2,4 e tra medici e psicologi è 2,7.

Interris.it ne ha parlato col il dottor Paolo Grampa, psicologo.

Qual è lo stato di salute mentale delle persone in questo periodo?
“Indubbiamente lo stato mentale attuale è decisamente sofferente. La clausura prolungata, la paura del contagio, i numerosi lutti da elaborare e i timori per la situazione economica sono esperienze provanti e che stanno mettendo a dura prova le capacità di adattamento e la tenuta psicoemotiva di molti cittadini. Le persone che giungono nei nostri studi di psicologi in questi mesi denunciano difficoltà legate a vissuti d’ansia, depressione, stress e presenza di disturbi ossessivo-compulsivi”.

Quanto hanno influito il lock down e la pandemia sulla salute mentale delle persone?
“Molte sono le ricerche condotte durante e dopo il periodo di lockdown sulla relazione quarantena-salute mentale. Solo per citarne alcune, la società di ricerca “Open Evidence”, da un confronto tra le reazioni registrate in Italia, Spagna e Regno Unito, evidenzia come il 42% della popolazione italiana fosse a rischio salute mentale. Un’indagine svolta in collaborazione tra l’università dell’Aquila e quella di Roma Tor Vergata (pubblicato sulla piattaforma MedRxiv) riporta come il 37% degli italiani da loro intervistati presenti sintomi in linea con la diagnosi di disturbo post-traumatico, di ansia nervosa e insonnia negli adulti. Lo stato di salute di bambini e adolescenti è invece stato indagato dal Gaslini di Genova, il quale evidenzia l’insorgenza di problematiche comportamentali sia nei più piccoli sia negli adolescenti”.

Com’è cambiata invece la mentalità delle persone? Abbiamo un approccio diverso alla vita?
“Indubbiamente l’esperienza della pandemia (che è ancora in corso) ha cambiato le abitudini delle persone. Solo per fare alcuni esempi, pensiamo alla possibilità di lavorare da casa, all’accesso scaglionato e contingentato dei nostri figli nelle scuole, al non potersi più stringere la mano o abbracciare quando ci si incontra per strada e il conoscere persone nuove senza però vedere il loro viso nella sua totale interezza (perché coperto in buona parte da una mascherina). La mentalità, però, è qualcosa di più profondo e radicato delle singole abitudini. Per questo, per poter osservare delle vere e proprie modificazioni di mentalità (intesa nel suo significato letterale di modo di concepire, intendere, sentire giudicare le cose da parte di un individuo, di un gruppo sociale o di un popolo) occorrerà attende parecchio tempo e, soprattutto, occorrerà aspettare la fine della pandemia, per poter capire se tali cambiamenti risultano stabili e strutturati oppure solo reattivi alla situazione d’emergenza”.

Molte persone hanno dei tabù per quanto riguarda la cura della salute mentale. Come si riconosce un problema mentale?
“Un problema diventa tale quando inizia a impedire il regolare fluire di una giornata. Nel periodo storico che stiamo vivendo una certa quota d’ansia, di preoccupazione, una alterazione minima dell’umore sono assolutamente fisiologici e in linea con la realtà faticosa e complessa che stiamo vivendo. È necessario però imparare ad ascoltarsi e a discriminare quando la fisiologia di una piccola fatica diviene un segnale al quale stare maggiormente attenti. In linea generale, occorre osservare se vi sono cambiamenti d’umore repentini o molto polarizzati, se si fa fatica a dormire e se vi è perdita di appetito, se la motivazioni inizia a mancare sul luogo di lavoro, se vi sono comportamenti di chiusura e allontanamento del proprio enturage affettivo, se vi sono idee confuse o pensieri che altri fanno fatica a comprendere. In tutti i casi, meglio affidarsi ad uno specialista per uno scrupolo in più, che aspettare che delle fatiche si consolidino in veri e propri disagi o quadri psicopatologici”.

Quanto conta il livello di accettazione della famiglia e della società?
“Sicuramente l’accettazione, l’accoglienza e la possibilità che tanto la famiglia quanto la società possano fornire una rete di supporto e di sostegno a chi presenta sofferenze mentali sono elementi essenziali nel percorso di cura. Potersi sentire sorretti e non ghettizzati o stigmatizzati permette un maggior ingaggio del paziente anche nel percorso di cura individuale e una migliore riuscita delle terapie”.

Come fare per superare vergogna, paure e timori?
“Vergogna, paura e timori nel caso della salute mentale nascono perché ci si sente fortemente distanti dal modello di salute comunemente diffuso. In realtà, il superamento di questi sentimenti chiede due componenti, una sociale e l’altra individuale. Da una parte infatti occorre una maggior cultura circa il disagio psichico e la salute mentale; solo una società formata, informata e matura circa le esigenze psichiche dei propri membri può facilitare l’accettazione del disagio sociale. Dall’altra parte occorre coraggio e responsabilità da parte del singolo, nel non sottovalutare la sua condizione di salute, nel rivolgersi con fiducia alle agenzie deputate alla cure mentale e nel seguire i percorsi di cura proposti”.

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