Via libera del Consiglio dei ministri al Decreto sicurezza e immigrazione. Un testo che rivede i precedenti decreti emessi in materia e che premia la linea del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, il cui dossier è stato approvato dopo circa un’ora di discussione. “Da oggi – ha detto il viceministro Matteo Mauri – i decreti Salvini fanno parte del passato. Il lavoro impegnativo di questi mesi al Viminale con il ministro Lamorgese e quello del tavolo dei partiti di maggioranza ha dato i suoi frutti. È la fine della propaganda e l’inizio di una stagione nuova. L’approvazione del nuovo decreto Immigrazione è per me una grande soddisfazione”.
Decreto immigrazione
Nel Cdm che ha portato all’ordine del giorno anche la nota di aggiornamento al Def, il decreto Lamorgese rivede le norme in materia di “immigrazione, protezione internazionale e complementare“. Superate, dunque, il sistema sanzionatorio alle ong e riorganizzato quello dell’accoglienza. In sostanza, con le nuove disposizioni, il soccorso delle vite in mare verterà come obbligo costituzionale e internazionale, mentre sul fronte rimpatri vige il divieto di espulsione o respingimento per chi rischia violazioni dei diritti umani nel proprio Paese d’origine. In quel caso, verrebbe adottata la protezione speciale. A stretto giro, arriva il commento del segretario dem Nicola Zingaretti: “”Approvato ora in Consiglio dei ministri il decreto immigrazione. I decreti propaganda/Salvini non ci sono più. Vogliamo un’Italia più umana e sicura. Un’Europa più protagonista”.
Decreto sicurezza
Per quanto riguarda la questione sicurezza, su proposta del ministro della Giustizi, Alfonso Bonafede, verrà applicata una pena da 1 a 4 anni per chi introduce un cellulare in carcere a un detenuto, sia per il ricevente in corso di pena detentiva. Una sostanziale differenza rispetto alla normativa precedente, che inquadrava l’atto come illecito disciplinare, con sanzione prevista all’interno del carcere. Sale l’eventuale pena detentiva anche per chi agevola il detenuto in regime di 41bis nelle comunicazioni con l’esterno. E non solo tramite cellulare: da 1 a 4 anni, la pena passa a 2-6 anni. Maggiore (dai 3 ai 7 anni) per chi commette il reato in forma aggravata, ossia se a commetterlo è un pubblico ufficiale o anche chi esercita la professione forense.