Verrà sottoposta a pignoramento la villa di Cogne che fu teatro, il 30 gennaio 2002, della morte del piccolo Samuele Lorenzi. Secondo quanto riferito dall’Ansa, infatti, il giudice ha respinto la richiesta di sospensione di esecuzione immobiliare inoltrata da Annamaria Franzoni e dal marito Stefano. Consentendo di fatto all’avvocato Carlo Taormina, che difese la donna all’epoca del processo, di proseguire con il pignoramento della casa. Abbandonata ormai da anni. Un contenzioso scaturito dalla sentenza civile, già passata in giudicato, nella quale deve al suo ex legale oltre 275mila euro, riconducibili al mancato pagamento dell’onorario. Una somma che, con l’atto di pignoramento, sale a circa 450 mila euro.
Cogne, la villa del delitto
Più precisamente, la villetta si trova nella frazione cognina di Montroz. E qui, ormai 18 anni fa, avvenne uno dei fatti di cronaca nera più dibattuti della storia recente del nostro Paese. Il delitto del piccolo Samuele fu consumato in una gelida mattina d’inverno: secondo gli inquirenti, il piccolo fu colpito alla testa con un oggetto (mai ritrovato) che gli provocò una profonda e letale ferita. Per la morte del bambino, sua madre Annamaria Franzoni è stata condannata (con sentenza della Corte di Cassazione del 21 maggio 2008) a 16 anni. La donna fece ritorno nella villa solo per pochi giorni dopo aver scontato la sua pena, per poi trasferirsi con la famiglia in un’altra località, nell’Appennino bolognese.
Il contenzioso
La casa che all’epoca dei fatti apparteneva alla famiglia Lorenzi non fu solo il teatro della morte del piccolo Samuele. Per cercare di determinare l’esatta dinamica del delitto, nella casa si susseguirono rilevamenti, perizie e numerose analisi accurate da parte degli investigatori. Dopo il trasferimento della famiglia, la casa è rimasta chiusa. Nel frattempo, era sorto il contenzioso con l’ex legale della donna, con la villetta indicata come unico bene aggredibile. Nella difesa, i coniugi avevano sostenuto come la struttura non fosse pignorabile poiché all’interno di un fondo patrimoniale, costituito a maggio 2009. Un fondo che, secondo i giudici, è ricollegabile alla vicenda processuale di Franzoni, il cui stato non le permetteva di occuparsi dei bisogni materiali e morali della famiglia.