C’è una avversione quasi palpabile nei confronti della politica e dei politici, una sfiducia generalizzata che viaggia di pari passo con la profonda crisi economica che attraversa il Paese, condizionato nel suo immediato futuro da un virus che miete vite e che ha riempito gli ospedali, e che alcuni neanche vogliono ammettere che esista.
La politica, quella vera, richiede principi etici e persone motivate, invece, oggi i più sembrano disillusi. Da una parte i Cattolici che sembrano cavalieri erranti alla ricerca di un esercito in cui riconoscersi, dall’altra i comunisti anch’essi disorientati dalla crisi del comunismo. Nel 68 ci fu uno straordinario impegno dei giovani che trascinò generazioni in scelte difficili nei successivi anni 80 con una volontà di cambiamento che arrivò fino alla lotta armata. Ma oggi c’è veramente bisogno della politica e dei partiti? La società civile ha bisogno della politica? Io ritengo di sì e ritengo che si debba passare dalle idee all’azione.
Credo che la stampa in primis debba non cedere alla tentazione del facile populismo, che non si debba cavalcare l’onda della paura e credo che i partiti debbano ritornare ad essere non una scatola di voti per l’assegnazione di posti di lavoro – che pure oggi manca e di cui si ha una grande necessità – bensì le associazioni così come descritte dalla Costituzione e dai Padri costituenti destinate a determinare la politica nazionale. Aristotele guardava alla politica come ad una piattaforma accessibile a tutti.
Platone la definì come un organismo educativo collettivo nei confronti del singolo, finalizzato al bene comune. Il termine, che deriva dal greco, contiene in sé la parola polis e quindi il concetto di città inteso come comunità socialmente organizzata e finalizzata al bene comune. Mai come oggi si avverte la distanza tra società e cittadino inteso come persona, ed è pure necessario che gli interessi del cittadino debbano coincidere con quelli della società. E allora chi deve cambiare: il cittadino o chi lo governa?!
E chi dovrà governare la società: il ricco e il potente oppure la persona? Che fine faranno i movimenti nati con il desiderio di contribuire al bene collettivo? E infine: c’è ancora bisogno di politica? Papa Francesco ha rivolto ai giovani un messaggio: “Il cristiano non deve fermarsi mai soltanto al compimento dei comandamenti: si deve fare, ma andare oltre. Il Cristiano è l’uomo del fare. Quindi il Cristiano “deve fare “politica, ma non per far forte un partito. E aggiunge: “La Chiesa non è un partito politico, però i cattolici devono fare politica, ma un partito solo dei cattolici non serve, e non avrà capacità di coinvolgere, perché farà quello per cui non è stato chiamato”.
La mission dei Cattolici è chiara: impegnarsi per lasciare un mondo migliore e servire il bene comune. Ogni cattolico dovrà quindi chiedersi in quale direzione va il suo impegno, ovvero è fine a sé stesso o è diretto verso l’altro?! Il politico insomma deve essere l’uomo del fare che cerca il bene e ricerca fattivamente le soluzioni per realizzarlo. Papa Francesco è un gesuita, vissuto sulle strade di Buenos Aires, in mezzo alle capanne dei poveri ed il suo messaggio riguarda democrazia e globalizzazione, dittatura della finanza, lavoro e stato sociale, immigrazione e integrazione, pace e sviluppo, ecologia umana e dell’ambiente.
Un Cattolico dovrebbe impegnarsi su questi temi. E non avere paura di “identificarsi”, avere il coraggio di esprimere le proprie idee ma soprattutto avere il coraggio e la determinazione di testimoniarle con un comportamento aperto e leale, fatto di verità e di giustizia.
Il papa argentino è convinto che “nella stagione del dopo-virus il mondo abbia bisogno di una rafforzata visione del “bene comune”, di ancor più multilateralismo, di ancora più Europa nel senso di una robusta Unione europea, capace di evitare una nuova guerra fredda e di portare a livello internazionale l’idea di una politica sociale solidale e inclusiva”. Non c’è bisogno per percorrere questa strada di mettersi addosso segni distintivi, bisogna solo percorrerla.