Una marea umana, probabilmente qualche migliaio di persone. Tutti in piazza, guidati dai leader delle opposizioni, per manifestare contro la rielezione del presidente bielorusso, Alexander Lukashenko. Nella capitale Minsk converge la stragrande maggioranza del Paese che, nell’ennesima conferma elettorale del numero uno della Bielorussia (al potere dal 1994) ha visto poca chiarezza. E che, soprattutto, chiede conto alla leadership della Nazione di quanto denunciato dai manifestanti arrestati (e poi rilasciati) e dalle ong che sostengono i diritti umani, concordi nel parlare di torture, sevizie e altri metodi illeciti all’interno dei centri di detenzione. Luoghi in cui i dimostranti dei giorni scorsi erano stati detenuti dopo l’arresto e nei quali si sarebbero consumati dei veri e propri orrori.
Sostegno di Putin a Lukashenko
Anche Papa Francesco, durante l’Angelus, ha rivolto una preghiera per la Bielorussia, lanciando un appello affinché si ricorra “al dialogo, al rifiuto della violenza e al rispetto della giustizia e del diritto”. I bielorussi, sventolando il vecchio vessillo dell’Indipendenza, divenuto simbolo degli oppositori al regime, la chiamano “Marcia della libertà”. Un corteo di proporzioni enormi, mentre nella stessa Minsk si radunano anche i sostenitori del presidente Lukashenko, e nello stesso momento in cui dal presidente russo, Vladimir Putin, si ribadisce il sostegno al leader bielorusso. In un colloquio telefonico, come riportato dall’agenzia di Stato Belta, il presidente russo avrebbe “riaffermato l’accordo per cui nel caso di un aggravarsi della situazione in termini di minacce esterne, le parti reagiranno congiuntamente in conformità con le disposizioni fornite dal Trattato di Sicurezza Collettiva”.
Presente in piazza, fra i suoi sostenitori, anche Lukashenko in persona, che ha ribadito come non si ripeterà le’elezione di una settimana fa e puntando il dito contro la Nato, accusata di aver ammassato forze al confine bielorusso occidentale.