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Onomastico o Compleanno? Dimmi che festa preferisci e ti dirò chi sei

Nel sud dell’Italia, in cui sono nato, è diffusa l’abitudine di celebrare la festa del Santo di cui si porta il nome piuttosto che la data in cui si compiono gli anni: onomastico più del compleanno. Il motivo sembra banale ma è più profondo: onorare colui che in vita ha dato esempio del suo vivere rettamente tanto da assurgere alla dignità cristiana è ritenuto più importante di festeggiare il mero scorrere del tempo, verso il quale l’uomo rimane impotente.

È nel giorno della ricorrenza del Santo che si porgono gli auguri a chi ne porta il nome e l’eletto ne festeggia pubblicamente la gioia poiché se ne ha pubblica notizia mentre la data del compleanno è sostanzialmente privata e rimane circoscritta nella sola sfera familiare. In tutte le località la festa del Santo Patrono, di cui molti locali portano il nome, dà luogo a pubblici festeggiamenti, fuochi d’artificio, giostre e divertimenti per grandi e piccini, con le tradizionali celebrazioni religiose del Santo in processione.

In questa tradizione si racchiudono due modi differenti di concepire la vita e le relazioni: la prima, condivisa e rispettosa degli altri, non necessariamente parenti ed amici ma anche solo conoscenti o conosciuti, mediante l’omaggio del riguardo al nome ed alla persona che lo porta cui si ricambia con l’offerta di un banchetto od anche di un semplice caffè a testimoniare il piacere di dare e la gioia di ricevere; la seconda con la celebrazione di se stessi e del traguardo raggiunto circa la durata della vita caratterizzata dal ricevere regali.

Un confronto tra altruismo ed egoismo, fra il rispetto e l’autoreferenza, dare e prendere, forse anche tra religione e ateismo, perché è pure bene chiarire che il termine laico non si contrappone a credente ma alla condizione di non appartenenza ad un ordine ecclesiale.

Fiumi di parole sono stati spesi per criticare la deriva relativistica di certe opportunistiche incursioni nel pensiero moderno, che tentano di ridurre la persona umana a se stessi ed alla autocelebrazione della propria onnipotenza, mascherate da liberismo o autonomia, che nulla hanno a che vedere né con il primo né con la seconda, dottrina politica il primo, condizione individuale la seconda, laddove la scelta si pone in termini di riferimento all’assetto complessivo del genere umano, nel tempo come nello spazio: la persona, rivelata da Cristo, travalica l’individuo e si pone in termini assoluti rispetto al singolo, le cui vicende restano confinate nello specifico e sono indifferenti nell’universale.

Scambiarsi gli auguri tra omonimi gratifica più del ricevere gli auguri per un fatto rispetto al quale tutto sommato si può essere indifferenti: semmai gli auguri andrebbero alla madre che in quel giorno ha dato alla luce un bimbo. Porsi tra gli altri piuttosto che imporsi agli altri sembra più consono alla vita sociale. Festeggiare insieme agli altri che festeggiano è condividere piuttosto che dispensare da una supposta condizione di privilegio. Non c’è da celebrare il singolo ma tutti coloro che in quel giorno condividono un momento di unione sia pure senza neanche conoscersi.

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