“Non c’è pace. Crisi ed evoluzione del movimento pacifista” è il titolo di un libro (People, Gallarate 2020, pp. 160), ma anche tanto altro. Un allarme ed un monito che vuole essere da sprono per tornare nelle piazze, per testimoniare e combattere per gli ideali che da sempre hanno contraddistinto il popolo arcobaleno. Una speranza per tutte quelle persone che negli ultimi anni si sono sentiti più soli, con la fiamma che ardeva dentro ma che non sono riusciti a mettersi in movimento. Queste persone sono la testimonianza della società odierna, persone inserite in un mondo ancora attraversato da violenze, conflitti e guerre spesso dimenticate o nascoste nel quale il movimento pacifista fatica a trovare spazio.
Cosa è cambiato rispetto a quando il movimento arcobaleno era capace di riempire piazze e di spingere gli italiani a esporre la bandiera della pace alla finestra?
La stagione della grande mobilitazione d’inizio millennio appare lontana anni luce. Molto meno di vent’anni dopo l’epoca delle grandi manifestazioni, la cronaca descrive un paesaggio assai diverso. Sembra quasi che il linguaggio della pace non vada più di moda. Eppure una mobilitazione, soprattutto tra i più giovani, sta crescendo: quella che impone l’ambientalismo come tema globale, irrinunciabile per l’agenda politica. Greta Thumberg o Federica Gasbarro per l’Italia ne sono la testimonianza con tutti i loro seguaci in Italia e nel mondo che hanno deciso di far parte di Fridays for Future.
E dalla crisi del movimento pacifista quale lezione può trarre chi oggi scende in piazza contro il cambiamento climatico?
InTerris per approfondire questo argomento ha incontrato gli autori di “Non c’è pace. Crisi ed evoluzione del movimento pacifista”. Loro sono Romina Perni, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Perugia e Roberto Vicaretti giornalista di Rai News 24.
Come nasce il libro
Per creare questo testo Romina e Roberto hanno incontrato professori, studiosi, attivisti e politici con lo scopo di indagare le possibile cause esterne e interne che hanno contribuito alla “mutazione arcobaleno” perché “riflettere su questo potrebbe aiutarci a comprendere la portata della nuova ondata di partecipazione e, magari, a non commettere gli stessi errori del passato”.
Un libro scritto a quattro mani, due persone che sono una coppia anche nella vita. Com’è stato condividere insieme questo percorso?
“É stata un’esperienza particolare, perché svolgendo due professioni diverse, lui giornalista, io assegnista di ricerca all’Università, abbiamo unito due modi diversi di guardare ad un unico tema che in questo caso era il movimento pacifista, la sua crisi e la sua evoluzione. É un tema che ci accomuna perché negli anni 2000 entrambi abbiamo partecipato anche se in modalità diverse a quel movimento. Abbiamo così deciso di analizzare cosa è successo in questi anni e perché il movimento si è ridimensionato. C’è il tocco di Roberto, e quindi del cronista, con tredici interviste fatte a diverse persone, che si sono intrecciate con la mia riflessione frutto dei miei studi in filosofia politica” racconta Romina.
Oggi come viene raccontato il pacifismo?
“Io posso dire che dal punto di vista professionale ho avvertito il bisogno di capire perché non si parlasse più del movimento pacifista – ha sottolineato Vicaretti -. Ho notato che negli ultimi il linguaggio della pace, dei diritti e dell’attenzione alle diseguaglianze non è più riuscito a fare quel passo in più. Così ho immaginato che questo fosse un motivo sufficiente per iniziare a fare questo lavoro. Devo però dire che senza la componente di pensiero che ha aggiunto Romina sarebbe risultato non solo incompleto, ma anche inutile, perché constatarne solo l’assenza non bastava o analizzarne le cause contingenti non si poteva se non si aggiungeva quella riflessione sul pensiero che dev’essere da sprono per tutti”.
Un testo che raccoglie tredici interviste, cosa vi ha colpito in modo particolare? Cosa è rimasto del popolo arcobaleno nel 2020?
“Da una parte c’è quella voglia di urlare al mondo ‘noi esistiamo ancora’ – racconta Romina Perni -. Effettivamente, infatti, esistono tante realtà di associazionismo e movimento pacifista. A me, invece, ha colpito l’intreccio delle visioni e dei pensieri di chi ha fatto mobilitazioni – aggiungere Roberto -. Chi è arrivato a quella mobilitazione lo ha fatto attraverso movimenti culturali e politici differenti. La cosa più bella è che confrontandoci con queste persone non abbiamo mai trovato disillusione o rassegnazione. Nelle varie testimonianze ho riscontrato la certezza che le ragioni della pace prima o poi hanno sempre la capacità di tornare e di riemergere”.