Trent’anni di reclusione per Said Mechaquat, autore del brutale omicidio di Stefano Leo sul lungofiume dei Murazzi, commesso il 23 febbraio 2019. La sentenza è stata pronunciata a Torino, dopo l’accoglimento da parte del magistrato della richiesta dei pubblici ministeri Ciro Santoriello ed Enzo Bucarelli. Il verdetto è stato commentato a stretto giro anche dai familiari del trentatreenne, ucciso con un’unica coltellata alla gola: “Siamo sempre stati fiduciosi e la sentenza ci ha dato ragione – ha detto la madre di Leo, Mariagrazia Chiri -. La giustizia ha fatto il suo corso. Stefano è sempre con noi”.
L’omicidio dei Murazzi
L’omicidio di Stefano aveva portato sgomento nell’opinione pubblica, per l’efferatezza e per le motivazioni poste dal killer, il quale si consegnò agli inquirenti poco più di un mese dopo l’omicidio dicendo di aver voluto sfogare una situazione di disagio interiore colpendo Stefano perché “era felice. Volevo colpire Torino con un omicidio che facesse scalpore”. Mechaquat sostenne inoltre di non conoscere la sua vittima e di averla scelta esclusivamente perché sembrava una persona felice. Il successivo processo è stato celebrato con rito abbreviato: “La domanda di giustizia della famiglia – ha spiegato il legale dei Leo, Nicolò Ferraris – ha trovato un esito che era l’unico che secondo noi si poteva immaginare. Ma non c’è nulla di cui la famiglia possa essere felice. Stefano Leo è morto e questo è qualcosa che non può mutare”.
Annunciato ricorso
Nel frattempo, l’avvocato di Mechaquat, Basilio Foti, annuncia ricorso: “Pensavo in qualcosa di meglio. Ne ero ragionevolmente convinto. In appello sono sicuro che la pena sarà sensibilmente ridotta”. Il giudice, secondo il legale, “ha riconosciuto le attenuanti subvalenti rispetto alle aggravanti, una cosa abbastanza rara”. Dalle indagini seguenti all’omicidio, era emerso che Mechaquat aveva già subito una condanna a un anno e sei mesi per maltrattamenti in famiglia, sentenza definitiva ma mai eseguita.