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Appello a Ratzinger per la verità su Emanuela Orlandi

Nel 2014 la speranza dei familiari era legata ad Alì Agca: l'ex Lupo Grigio, che aveva sparato a Karol Wojtyla in piazza San Pietro

37 anni fa, il 22 giugno 1983, scompare misteriosamente la 15enne Emanuela Orlandi, figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia. “Il mio appello a fare giustizia e a darci verità lo rivolgo a Joseph Ratzinger, che ancora indossa la veste bianca, è ancora Papa Benedetto ed era vicinissimo a Giovanni Paolo II: ora, che a 93 anni si avvicina al Padre, se sa qualcosa, abbia un rigurgito di coscienza e lo dica, non si porti segreti nella tomba come Wojtyla”, afferma all’Ansa Pietro Orlandi, fratello di Emanuela a 37 anni dalla scomparsa della ragazza.

Le ultime tappe

Nel marzo 2019 una istanza viene presentata dal legale della famiglia Orlandi al Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, per avere informazioni su una tomba del cimitero teutonico all’interno della Santa Sede. Nell’istanza si reputa “opportuna una ricerca negli archivi di ogni documento relativo a tale loculo per individuare chi vi risulti essere stato sepolto. In ogni caso si chiede l’apertura della tomba” per fugare ogni dubbio sulla vicenda. Nell’aprile 2019 La Segreteria di Stato vaticana autorizza l’apertura di un’inchiesta per avviare accertamenti sulla tomba del cimitero Teutonico. Nel luglio 2019 il Vaticano dispone l’apertura delle due tombe presenti nel cimitero Teutonico. Dopo l’apertura, sono previste le operazioni di repertazione e catalogazione dei resti. Si dovranno attendere poi le perizie per stabilire la datazione dei reperti e per il confronto del Dna. Nell’aprile 2020 il procedimento relativo alla presunta sepoltura nel cimitero Teutonico viene archiviato dal Giudice Unico del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Le verifiche sui reperti trovati concludono che i frammenti rinvenuti sono databili a epoca anteriore alla scomparsa della ragazza. E i più recenti risalgono ad almeno cento anni fa.

Istanza

Nel 2014 la speranza dei familiari di Emanuela Orlandi è legata ad Ali’ Agca: l’ex Lupo Grigio, che aveva sparato a Papa Wojtyla nel 1981, si presenta a sorpresa a piazza San Pietro per portare dei fiori sulla tomba di Giovanni Paolo II. La famiglia, riferisce l’Agi, si attiva immediatamente per presentare un’istanza alla magistratura affinché l’ex terrorista turco venga interrogato. Richiesta respinta: anche Agca è ritenuto “soggetto inattendibile” per aver reso più volte dichiarazioni sul caso Orlandi, sia pubbliche che in sede processuale, che si sono rivelate “infondate” e “scarsamente credibili”. Da qui la richiesta di archiviazione inoltrata dalla procura secondo cui “da tutte le piste seguite e maturate sulla base di dichiarazioni di collaboratori di giustizia e di numerosi testimoni, di risultanze di inchieste giornalistiche e anche di spunti offerti da scritti anonimi e fonti fiduciarie, non sono emersi elementi idonei a richiedere il rinvio a giudizio di alcuno degli indagati“. Una conclusione recepita prima dal gip e confermata poi dalla Cassazione.



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