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Una società che non sa smaltire i rifiuti è più ingiusta

Antonio Pergolizzi (Legambiente) spiega a Interris.it perché "chi sta peggio risente di più" del defict di cura della casa comune

“Un buon modello di gestione dei rifiuti è anche l’unico in grado di garantire giustizia e solidarietà tra donne e uomini. I rifiuti sono una lente con cui guardare il mondo e ci dicono chi siamo, per questo dovremmo imparare a essere migliori”, afferma a Interris.it Antonio Pergolizzi, storico coordinatore dell’Osservatorio sulla legalità di Legambiente . “Dalla parte dei rifiuti. La governance, l’economia, la società, lo storytelling e i trafficanti”, edito da Andrea Pacilli Editore è un libro utile ad alimentare la discussione con argomenti validi, frutto di tanto lavoro di analisi e sul campo. A firmarlo è il giornalista e scrittore che nell’associazione ambientalista lavora in prima linea contro i crimini ecologici dei clan e redige ogni anno il fondamentale Rapporto ecomafia, punto di riferimento per tutti gli operatori del settore.

In che modo una società che sa trattare i rifiuti è più solidale e sostenibile?
“Saper gestire in maniera virtuosa e sostenibile significa dare un serio contributo alla tutela ambientale e a un’economia capace, finalmente, di rispettare gli ecosistemi e la bellezza dei territori. Una buona gestione dei rifiuti è l’esatto contrario del degrado e del malaffare. Anzi, saperli gestire correttamente vuol dire anche restringere gli spazi dove si muovono ecomafie e malaffare. Laddove si è riusciti a mettere in campo politiche efficaci si è riusciti a valorizzare il territorio e allo stesso tempo tenere lontani i malintenzionati. Di tutto ciò ne parlo nel mio ultimo libro “Dalla parte dei rifiuti. La governance, l’economia, la società, lo storytelling e i trafficanti”, edito da Andrea Pacilli Editore. Qui il link alla mia presentazione https://antoniopergolizzi.wordpress.com/2020/06/18/il-mio-nuovo-libro/

Come fanno business le mafie attraverso i rifiuti?
“Le mafie si muovono dove trovano spazio, dove i modelli di regolazione non sono efficienti o non esistono proprio. Sono come l’acqua, che in questo caso è velenosa e portatrici di malattie, non solo metaforicamente. Laddove gli viene lasciato campo libero, le mafie provano a intercettare i rifiuti riducendo i costi e moltiplicando i ricavi. Si muovono in quella forbice. È ovvio che ridurre i costi vuol dire non trattare correttamente i rifiuti, quindi scaricare i costi sulla collettività. Commettono il peggiore dei crimini, avvelenando comunità e territori e colpendo gravemente l’economia legale. Sono la peggiore disgrazia per un paese, per questo vanno combattute principalmente con gli strumenti della prevenzione, a cominciare dall’implementare modelli di gestione che – come si diceva prima – devono incanalare i rifiuti verso percorsi di valorizzazione efficaci e sostenibili. È questa la vera strada di lotta al malaffare”.

Quale lezione arriva dalla pandemia ad una società che voglia diventare sostenibile?
“La principale lezione che arriva dalla pandemia è che dobbiamo rispettare i limiti e le fragilità degli ecosistemi, imparando a tutela quanto più possibile la nostra casa comune. Il saccheggio di biodiversità e di habitat espone a gravi crisi ambientali, che solo quando colpiscono l’uomo così direttamente, come con il Covid 19, riescono a mobilitare l’opinione pubblica. La verità è che i modelli di sviluppo e consumo imperanti in sempre maggiori aree del globo stanno spingendo l’umanità verso un vicolo cieco. O si cambia rotta oppure non ci potrà essere futuro per le prossime generazioni, i segnali ci sono tutti e il tempo è già scaduto”.

Chi è più povero soffre maggiormente per la mancata gestione dei rifiuti?
“Soffrono tutti, chi sta peggio, ovviamente, ne risente di più. Ripeto: un buon modello di gestione dei rifiuti è anche l’unico in grado di garantire giustizia e solidarietà tra donne e uomini. I rifiuti sono una lente con cui guardare il mondo e ci dicono chi siamo, per questo dovremmo imparare a essere migliori, anche quando si tratta di scarti, che molto spesso sono solo risorse messe nel posto sbagliato”.

 

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