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Sequestrati beni a un affiliato di ‘ndrangheta a Bologna

Le mani delle cosche arrivano in Emilia-Romagna. La Dia di Bologna, coadiuvata dai colleghi del Centro Operativo di Milano e della Sezione Operativa di Catanzaro, ha confiscato beni mobili ed immobili a Pasquale Brescia, 53enne originario di Crotone ma domiciliato a Reggio Emilia, detenuto presso la Casa di Reclusione di Parma. Nello specifico, in esecuzione dell’odierno provvedimento emesso dal Tribunale di Reggio Emilia, su proposta del Direttore della DIA, sono stati sottoposti a sequestro un appartamento nel comune di Milano e due terreni siti in Calabria, oltre a diversi rapporti finanziari per un valore complessivo stimato in oltre 500mila euro. Brescia, trasferitosi in Emilia Romagna dal 1989, ha da subito sviluppato cointeressenze in imprese edili ed immobiliari. Arrestato nel 2015 nell’ambito dell’operazione “Aemilia“, é stato accusato di appartenere alla ‘ndrangheta operante nel territorio di Reggio Emilia, Parma, Modena e Piacenza, storicamente legata alla cosca egemone in Cutro, facente capo a Nicolino Grande Aracri. Per tali accuse nel 2018, scrive Agi, é stato condannato con rito abbreviato a 16 anni di reclusione per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, in quanto – spiegano gli inquirenti – “imprenditore intraneo” alla citata organizzazione e collaboratore diretto dei boss. Sempre nel 2018, é stato anche condannato, con rito ordinario, a 6 anni e 9 mesi di reclusione per aver intestato fittiziamente alla moglie la società Antichi Sapori S.r.l. al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione.

Aemilia

l’operazione Aemilia, fatta dalla Dda di Bologna nel giugno del 2018, ha colpito una delle famiglie più potenti della ‘Ndrangheta in Emilia Romagna. I carabinieri del reparto operativo di Modena, in collaborazione con i colleghi di Crotone, hanno eseguito un sequestro di beni del valore di 8 milioni di euro nei confronti di Carmine Sarcone – ritenuto dagli inquirenti il reggente della Cosca emiliana – e dei suoi fratelli Nicolino, Gianluigi e Giuseppe Grande. Carmine era stato arrestato a Cutro il 23 gennaio del 2918 per associazione di tipo mafioso in quanto considerato elemento di vertice dell’associazione ‘ndranghetistica emiliana collegata alla cosca Grande Aracri di Cutro. Le successive indagini, dirette dal Procuratore Distrettuale Giuseppe Amato e dai sostituti procuratori Marco Mescolini e Beatrice Ronchi, hanno poi consentito di far emergere la capacità del clan di realizzare una pervasiva infiltrazione nel tessuto economico nazionale ed estero grazie a società edili ed immobiliari. Coinvolte aziende operative in Italia, ma anche in Romania e Bulgaria.

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