Edifici pubblici illuminati, campagne social e raccolta di generi alimentari. La decisione dell’Oms di rinviare al prossimo anno gli eventi legati alla Giornata mondiale del donatore del 14 giugno non ferma la solidarietà e le iniziative delle Avis (Associazione Volontari italiani del sangue) locali. Così, nonostante non sia possibile organizzare appuntamenti che raccolgano in piazza centinaia di persone, le varie sedi sparse sul territorio nazionale hanno deciso, così come la stessa AVIS Nazionale, di organizzare diversi appuntamenti che, tramite post e immagini o iniziative solidali, contribuiscano a rilanciare l’importanza di questa data.
La testimonianza del presidente nazionale Avis e del direttore del Centro Nazionale Sangue
«L’edizione di quest’anno della Giornata Mondiale del Donatore rappresenta un’occasione speciale per ringraziare tutti i donatori, che anche durante i momenti difficili degli ultimi mesi non hanno mai fatto mancare il loro apporto prezioso – afferma Gianpietro Briola, presidente di AVIS Nazionale e coordinatore pro-tempore del Civis, la sigla che riunisce le principali associazioni di donatori volontari (AVIS, Croce Rossa Italiana, FIDAS e Fratres). L’emergenza del Coronavirus ha posto ulteriormente l’accento sulla necessità di garantire sempre e ovunque la disponibilità di sangue ed emocomponenti, senza i quali non saremmo in grado di salvare vite umane e curare ogni giorno oltre 1.800 pazienti. La sfida più importante, ora, deve essere quella di proseguire sulla strada intrapresa e continuare a compiere questo gesto di solidarietà in modo costante durante tutto l’arco dell’anno. La Giornata mondiale, inoltre, è stata istituita per celebrare il valore anonimo, periodico, volontario, gratuito, responsabile e associato del dono. Principi fondamentali su cui da sempre si fonda il nostro operato e l’impegno delle Associazioni e federazioni di donatori presenti in Italia. Il modello trasfusionale del nostro Paese, infatti, è un’eccellenza riconosciuta a livello internazionale e siamo lieti che l’OMS abbia deciso di mantenere in Italia le celebrazioni dell’anno prossimo. Sarà per noi un’occasione in più per dimostrare che il dono abbatte le barriere, accorcia le distanze e unisce le persone, senza alcuna distinzione». «Viviamo in una situazione di sostanziale equilibrio, ma in alcune regioni periodicamente è necessario ricorrere al sistema della compensazione – ha aggiunto il direttore del Centro Nazionale Sangue, Giancarlo Liumbruno. La generosità dei donatori ci permette comunque di far fronte sia alle esigenze ordinarie sia a quelle straordinarie, come avvenuto quest’anno a causa della pandemia di Covid-19. A un iniziale calo delle donazioni ha fatto seguito una risposta straordinaria agli appelli, al punto che durante la ‘fase 1’ hanno comunque donato il sangue 411.018 persone».
Interris.it per approfondire la storia dell’Avis ha incontrato Gianpietro Briola Presidente Nazionale dell’Avis proprio in occasione della giornata mondiale del donatore di sangue.
Come nasce l’Avis e come si è evoluta?
“L’Avis nasce a Milano nel 1927 dall’intuizione del dottor Formentano. Erano 17 soci, nel tempo si è evoluta arrivando ad avere oggi 1.300.000 associati. Si è occupata sin da subito della raccolta del sangue che era la missione per cui era stata fondata e poi man mano si è capito che questo argomento, visto che è un importante punto di riferimento per la condivisione di valori e di solidarietà, sarebbe potuta essere la strada per incidere nei confronti dei cittadini e delle comunità per far capire come donare il sangue sia il momento di disponibilità massima e di dimostrazione di amore verso il prossimo”.
Oggi quante persone scelgono di donare?
“Durante la pandemia covid abbiamo avuto forti timori all’inizio perché la gente aveva paura ad uscire di casa e soprattutto timore di andare in ospedale a fare la donazione perché gli ospedali erano luoghi dove c’era un’alta percentuale di pazienti covid e volevano evitare di ammalarsi. Poi avevano anche il timore di poter trasmettere il virus ai pazienti nel caso in cui fossero loro portatori, al limite asintomatici e quindi vanificare il significato del loro gesto. La seconda ipotesi è stata subito negata perché il coronavirus non si trasmette con il sangue ma attraverso le vie respiratorie. Ad ogni modo chi dovesse avere dei sintomi non potrebbe comunque fare la donazione. Abbiamo garantito il distanziamento sociale, il non assembramento, facendo evitare quel momento di incontro che prima era un’occasione di socializzazione tra i donatori, abbiamo garantito l’utilizzo di tutti i dpi e la prenotazione su appuntamento in tempi scanditi. Questo ci ha garantito di recuperare il numero di donazione e dei donatori e speriamo di recuperare anche un buon numero di donatori di plasma che in questo periodo a causa del famoso plasma iper immune si è molto parlato della potenzialità legata ai fattori presenti nel plasma e quindi speriamo che molti possano venire a donare sia per il plasma iper immune ma soprattutto per tutti i farmaci che possano essere prodotti attraverso il plasma donato”.
Qual è il rapporto tra Avis e volontariato?
“É un rapporto stretto, fondamentale e radicale nel senso che l’idea del volontariato e quindi di dare e darsi agli altri, che poi può essere fatta come disponibilità di tempo, di professionalità e di donazione del sangue è la base fondamentale della nostra associazione e vogliamo che rimanga quella perché noi in Italia abbiamo una modalità di donazione che è quella volontaria e non può essere nella maniera più assoluta remunerata ma è del tutto generosa e soprattutto anonima. Non potremmo fare a meno dei valori che determinano il volontariato e quindi la disponibilità degli altri nello stare all’interno della nostra associazione. Tutto ciò diventa importante in questa fase perché comunque si è visto che il volontariato che in genere è il terzo settore ha dato anche in questo caso un contributo forte alla vita sociale delle nostre comunità, dando noi contributo ad alcune associazioni che fanno trasporto ambulanze, consegna pasti, aiuti di buon vicinato, tutta quella rete di coesione sociale che va mantenuta attiva soprattutto nelle relazioni tra persone che magari sono un po’ più sole o abbandonate come gli anziani e le persone fragili. L’idea è quella di sostenere le azioni di volontariato e avere in qualche modo ‘la pretesa’ che le istituzioni lo riconoscano, sia per ruolo sociale che anche economicamente perché ogni servizio non è almeno dal punto di vista strumentale gratuito e va comunque sostenuto, perché anche il terzo settore ed il volontariato, che è la spina dorsale della società italiana, è di fondamentale importanza e quindi riteniamo che non vada solo rispettato ma soprattutto sostenuto”.
Per quanto riguarda la campagna estiva e tutto ciò che sono i progetti futuri cosa c’è in programma per i prossimi mesi?
“Il nostro obiettivo è di lavorare soprattutto con i giovani e con chi ha la possibilità di diventare donator. Facciamo anche molte campagne social attraverso face book, Instagram e tutto ciò che è una normale modalità di scambiarsi informazioni e confrontarsi. Questo serve per stimolare e a mantenere viva l’attenzione nei confronti della donazione del sangue. L’altro tema sarà comunque continuare ad avvicinare persone, continuare e mantenerle legate all’associazione, continuare a ribadire che il sistema sanitario può funzionare se ha la disponibilità di sangue e di donatori. Il richiamo è al costante impegno perché se ricevere cure è un diritto contribuire affinché tutto il sistema funzioni bene è un dovere di tutti”.