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La Pasqua ci porterà la verità sul Covid

Alla radice della nostra civiltà giudaico-cristiana, c’è un’identificazione semantica che rivela molto di ciò che stiamo subendo. Nei primi cinque libri dell’Antico Testamento non compare mai la parola speranza. Un’assenza apparentemente sconvolgente per un monoteismo che si basa sull’alleanza fiduciaria tra Dio e l’uomo. In realtà, il termine “speranza” (hotikvà) viene identificato con la radice del verbo “credere”, ossia il credente è per sua stessa natura portatore di speranza. La Pasqua è l’uscita dal buio del sepolcro per offrire la propria vita alla luce della Redenzione. Ciò simboleggia l’ineluttabilità dell’avvento di Cristo nella storia: senza Gesù nulla di ciò che è accaduto, che accade e che accadrà ha un significato compiuto. Mai come in questo tragico tsunami epidemiologico, la speranza è contraddetta da comportamenti ingiustificabili e vergognosi di organismi sovranazionali, di governanti e di politici in genere, che non riescono correttamente inquadrare l’urgenza della pandemia nella necessità di fare giustizia della strage silenziosa perpetrata contro il popolo innocente. Ad un sofferente cui manca l’aria è immorale e diabolico offrire una bombola d’ossigeno avvelenato.

Un vescovo del Mezzogiorno mi ha raccontato di come la mafia non aspetti altro che sostituirsi allo Stato nella finta pietà del soccorso alle famiglie ridotte allo stremo dall’ondata di povertà causata dal coronavirus. L’Europa e l’Italia sono tenute a dare risposte concrete, non rinviabili e realistiche a chi incolpevolmente si trova oggi a dover sopravvivere sotto le macerie per non soccombere e non arrendersi ad un bombardamento vile e inarrestabile del quale non conosciamo ancora né l’origine né la fine. Troppo facile dire che le pestilenze sono sempre avvenute nel corso dei secoli. Oggi celebriamo la Pasqua 2020 e non ci troviamo durante la prima guerra mondiale come per la pandemia di spagnola, quindi, dobbiamo parlarci chiaro. Con il costo annuo degli armamenti militari si potrebbe riempire di respiratori tutti gli ospedali (quelli che non sono stati già chiusi per i tagli alla sanità compiuti negli ultimi 15 anni da tutti i governi) e sarebbe possibile, anzi doveroso, non trovarsi nella barbara condizione di stabilire a tavolino quali persone malate meritino di essere salvate e quali no.

Venerdì Santo nell’adorazione sono riecheggiate alla Cattedra di San Pietro parole di millenaria sapienza: le case diventano sepolcri se non risorgeremo come il Cristo. Non basta, infatti, tornare alla vita come Lazzaro: non dobbiamo ributtarci nella nostra precedente esistenza, bensì siamo tenuti a utilizzare questa crisi epocale come occasione per una colossale e profonda conversione individuale e collettiva. Altrimenti, se non faremo tesoro della lezione che ci sta impartendo l’ecatombe in atto, la prossima emergenza sarà anche peggiore. Invece, purtroppo, l’esempio che ci arriva dalla classe dirigente è sconfortante da qualunque angolazione si osservi la vita pubblica italiana. Politici con responsabilità di governo e rappresentanti del popolo con altrettanto importanti incombenze di opposizione, continuano indifferentemente a rimbalzarsi colpe e a combattere un’indegna guerra di potere sul corpo martoriato della nazione.

Il nostro appello, da semplici soccorritori degli ultimi, è quello di smetterla immediatamente e di tradurre subito in atti vincolanti l’alto richiamo del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Con linguaggi diversi, il Pontefice e il Capo dello Stato hanno invocato la stessa cosa: condivisone nell’esclusivo interesse dei cittadini affranti, duramente provati e ininterrottamente in lutto ovunque da oltre cento giorni. Ai piedi della croce, le figure più spregevoli dell’intero Vangelo emergono nel momento più drammatico e oscuro della storia umana permettendosi persino di giocarsi a dadi le vesti dell’Innocente crocefisso.

Stiano attenti i prepotenti di oggi a non attirarsi la stessa condanna divina, mentre sono tutti indaffarati a spartirsi le spoglie di un Paese in ginocchio. Il sangue degli innocenti ricade sui colpevoli, sancisce la Sacra Scrittura. In base a come si comportano in questa tragedia, gli Erode e i Pilato di oggi saranno valutati e rischiano di perdere anche il saluto dei loro connazionali se non sapranno finalmente (non capiterà un’altra occasione) anteporre il bene comune al tornaconto personale. Guai a illudere la povera gente, sbandierando cifre astronomiche che sappiamo perfettamente come non sfioreranno neanche lontanamente le tasche dei più bisognosi, come già accaduto in Grecia all’epoca della troika. La burocrazia diventa criminale quando una famiglia non ha cibo a tavola, eppure le si chiede di accedere ad un collegamento internet che non ha, per compilare incomprensibili domande dalle quali non sgorgherà un euro. Siamo a un passo dalle più ignobili farse medioevali. Per lo meno gli imbonitori dei secoli più oscuri, modelli involontari di tanta politichetta attuale, promettevano di trasformare il rame in oro nelle fiere di paese e non attraverso i proclami multimediali che rimbalzano da un angolo all’altro del pianeta.

Noi chiediamo che non ci siano mai più la disumanizzazione e l’anonimato per le migliaia di vittime costrette ad esalare l’ultimo respiro senza neanche la consolazione di un volto caro. Il dolore contro natura di un trapasso privo di umana solidarietà, aggrava persino la sofferenza di noi credenti per il Messia, ucciso in croce ma almeno deposto e omaggiato da sua Madre, nel momento in cui tutto sembrava finito per sempre. Da qui la speranza: quel corpo inerme e sfregiato siamo tutti noi, sepolti dall’indifferenza e dalla totale mancanza di programmazione post-pandemia. Sui mass media si mostra qualsiasi dettaglio, tranne le tribolate esistenze e i volti dei nuovi martiri del Covid-19. Troppo scomodo? Questo martirologio del terzo millennio impedirà che la morte abbia l’ultima parola perchè la Pasqua è la festa della luce e del riscatto. Nessuno si illuda di poter nascondere la verità sotto il macigno in un sepolcro sigillato. A Pasqua non c’è pietra che non rotolerà via.

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AUTORE

don Aldo Buonaiuto
don Aldo Buonaiuto
Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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