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Il caldo e l’umidità fermano il Covid-19. Lo dice la scienza

La ricerca degli scienziati cinesi. Così il clima e l'estate possono incidere di molto sulla propagazione del virus nel mondo

Le alte temperature e l’umidità frenano la propagazione del Covid-19. Lo conferma la scienza. La ricerca, supportata dal National Key R&D Program of China e dalla National Natural Science Foundation of China, ha esaminato il numero di riproduzione del coronavirus nel corso del tempo. Il risultato ha sorpreso gli scienziati: dal 23 gennaio 2020 a oggi, si è mostrata una regressione lineare nella trasmissione dei casi in ben 100 città della Cina, dove si è parallelamente registrato un aumento della temperatura, così come dell’umidità. Una grande speranza per la popolazione mondiale, in un momento dove la bella stagione può sostanzialmente ridurre la trasmissione del Covid-19 nell’emisfero boreale, quello attualmente più colpito.

La scoperta

La notizia ha colpito la comunità scientifica, dubbiosa sulla reale influenza delle condizioni climatiche nel determinare un arresto dell’epidemia. Il 6 marzo scorso, infatti, Michael Ryan, direttore esecutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, aveva espresso riserve sull’influsso delle condizioni climatiche sul Covid-19. Le prime evidenze parrebbero una smentita a tali dichiarazioni. La comunità scientifica sta facendo passi da gigante per capire qualcosa di questo coronavirus “nuovo” al genere umano e uno dei risultati è che parrebbe comportarsi in modo simile al coronavirus della Sars, suscettibile alle alte temperature.

Lo studio

Per arrivare a questi risultati, gli scienziati hanno comparato i dati di diffusione del contagio con quelli dei rilevatori di umidità e temperatura di 699 stazioni meteorologiche cinesi. Dallo studio è, così, emerso che il coronavirus sembrerebbe più stabile alle basse temperature e ad aria con bassa umidità. L’evidenza è data comparando Paesi come la Cina, il Giappone e l’Iran, che nei mesi invernali hanno una temperatura più rarefatta, e Stati come Malesia, Singapore e Thailandia, dove l’epidemia di Covid-19, seppur presente, non è così vasta come nella prima triade. Guardando nel dettaglio, gli scienziati hanno comparato tre rilevazioni nella Cina orientale: da una parte a) l’incidenza del contagio, mentre in b) e c) il monitoraggio delle temperature. Raffrontando le mappe, emerge chiaramente che il Covid-19 è diffuso maggiormente in aree dove la temperatura e l’umidità sono più basse.

L’andamento dell’epidemia nella Cina orientale – Studio © Jingyuan Wang, Ke Tang, Kai Feng and Weifeng Lv

Analogie con l’influenza

Sebbene, il nuovo coronavirus SARS-CoV-2 possa causare disturbi lievi, simil-influenzali, e infezioni più gravi come le polmoniti in una minoranza di casi, non è da confondere con l’influenza, poiché si tratta di due ceppi diversi. Eppure, gli scienziati hanno visto il comportamento del virus influenzale per comprendere alcune dinamiche comuni al coronavirus. In particolare, gli studi si concentrano sui droplet, le goccioline sospese nell’aria che portano con sé il virus. L’influenza si trasmette maggiormente d’inverno perché in quel caso l’aria rarefatta favorisce la sospensione delle stesse. Le basse temperature, inoltre, generano un calo delle difese immunitarie nell’uomo, che nella stagione autunnale e invernale può ricevere senza non troppi problemi un attacco virale acuto.

Benedetta estate

Sulla base di tali rilevazioni è, dunque, emerso che le temperature alte e l’umidità hanno una rilevante incidenza sulla diffusione del Covid-19. L’immagine in basso mostra una mappa del mondo basata sulle rilevazioni del gruppo di studio. A Luglio, con l’arrivo dell’estate e la stagione delle piogge nell’emisfero settentrionale, “la trasmissione del Covid-19 può essere sostanzialmente ridotta. Il rischio rimane – sottolinea lo studio – nei Paesi dell’emisfero australe (come Australia e Sud-Africa)”. Ma prendendo un Paese modello come il Giappone, che può raggiungere un tasso di umidità dell’85%, tali condizioni ambientali possono rallentare la pandemia in maniera considerevole. Non ci resta che sperare, con l’aiuto della scienza.

In alto, l’epidemia di Covid-19 nel mese di marzo; in basso, possibile sviluppo della pandemia nel mese di luglio – Studio © Jingyuan Wang, Ke Tang, Kai Feng and Weifeng Lv

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